Elezioni: Andrea Cresta

Elezioni: Andrea Cresta

18 Marzo 2021

Nei giorni di 23, 24 e 25 marzo 2021, la classe studentesca sarà chiamata a prendere parte alle elezioni per il rinnovo della rappresentanza degli studenti negli Organi Collegiali dell’Università degli Studi di Salerno per il prossimo biennio. Tra questi si voterà anche per il Senato Accademico. Abbiamo incontrato il candidato, per il Polo Umanistico della coalizione Studenti Unisa e membro dell’associazione Link – Fisciano iscritto al corso di laurea in Filosofia, Andrea Cresta per affrontare i temi presenti nel programma elettorale. 

L’associazione Link – Fisciano ha preso parte all’ultima tornata elettorale interna all’ateneo salernitano (dicembre 2017) insieme alla coalizione Studenti Unisa. È poi uscita dalla coalizione e ora concorre alle elezioni nuovamente insieme alla coalizione. Quali sono le ragioni che vi hanno spinto prima ad uscire da Studenti Unisa e poi a rientrarvi?
Le ragioni che ci hanno spinto a prendere le distanze da Studenti Unisa sono relative alle modalità con cui si intende affrontare la politica universitaria. Noi abbiamo un approccio molto più radicale, siamo un’organizzazione di stampo sindacale che non si pone il problema di dare voce ai bisogni degli studenti e delle studentesse anche con metodi poco ortodossi quali possono essere gli scioperi, le manifestazioni, modalità alternative affinché quello che è la voce degli studenti e delle studentesse (almeno di quelli/quelle che intercettiamo noi) esca fuori. Come è stato per l’occupazione al Senato Accademico quando l’ex Rettore Tommasetti si candidò con la lega di Matteo Salvini: quello per noi è stato un problema che non ha avuto voce. Il motivo principale è questo: siamo strutture differenti, ma in realtà lo sono tutte le realtà che compongono Studenti Unisa, altrimenti ci chiameremmo tutti allo stesso modo. In una situazione emergenziale come questa abbiamo pensato fosse più giusto fare fronte unito rispetto all’emergenza che ha colpito tutte e tutti. È  un discorso fatto in ottica di creare un progetto, o meglio dare continuità ad un progetto, che ha l’ambizione e la volontà di mettere al centro gli interessi degli studenti e delle studentesse. L’uscita dalla coalizione non era dovuta alle tematiche perché su molti punti siamo d’accordo, però è chiaro che ogni singola struttura ha delle sue specificità e abbiamo deciso collettivamente di fare questo passo perché pensiamo sia il caso di fare fronte unito rispetto a questa situazione. Ci tengo inoltre a precisare che io mi sento solo un portavoce di quelle che sono volontà, progetti, posizioni di una collettività, quindi non individualistiche.

Un punto cardine del vostro programma riguarda l’erogazione delle borse di studio e l’estinzione della figura dell’idoneo non beneficiario. Come intendete muovervi per anticipare l’erogazione delle quote, soprattutto in riferimento ai ritardi cronici da parte dell’Adisurc? È davvero auspicabile l’estinzione della figura dell’idoneo non beneficiario?
Ci sono sicuramente una serie di difficoltà perché non crediamo affatto che sia un problema risolvibile in modo semplice, ma il nostro obiettivo è proprio questo: estinguere la figura dell’idoneo non beneficiario. Ci sono criticità per Unisa premia il merito: gli studenti e le studentesse sono costretti/e a fare un percorso formativo secondo dei tempi ben dettati, a prescindere se il percorso sia o meno il più formativo possibile, ma semplicemente si cerca di raggiungere un punteggio. Non fa niente quanto la preparazione e la formazione possano essere ampie. Si prende un punteggio per risultare in tempo, non andare fuori corso e riuscire a rientrare nella graduatoria di Unisa premia il merito. Quest’ottica di meritocrazia sotto questo senso non è una vera meritocrazia perché non va a favorire un’università accessibile sotto tutti i punti di vista. Il discorso dell’idoneo non beneficiario è relativo anche a questo. Vengono messi dei fondi su Unisa premia il merito quando la figura dell’idoneo non beneficiario è una figura forte che è presente in maniera contraddittoria all’interno dell’ateneo salernitano.

Nel vostro programma proponete l’istituzione di borse di studio rivolte agli studenti meritevoli che non usufruiscono della borsa di studio dell’Adisurc. Cosa intendete per “studenti meritevoli”?
Come Link-Fisciano abbiamo organizzato una campagna regionale insieme a Link-Napoli dove abbiamo valutato una serie di questioni e, in ottica di questo lavoro collettivo, abbiamo pensato ad un’ipotesi di reddito di formazione. Il fatto è questo: abbiamo assistito soltanto a misure spot una tantum da parte del governatore De Luca, ma il discorso sull’università è stato completamente tralasciato, non è un caso che in poco più di un anno da quando siamo chiusi non c’è mai stata apertura da parte dell’Unisa se non parziale e solo per le matricole in alcuni piccolissimi casi, nonostante ci fosse l’esigenza da parte di tutte e tutti di tornare a vivere quegli spazi, di tornare a vivere l’università in maniera formativa, perché altrimenti si ricade sempre nello stesso discorso di essere semplicemente dei numeri all’interno dell’università, quando la formazione è invece qualcosa di molto più ampio. Su come sono strutturate le borse di studio oggi, noi riscontriamo che ci sono una serie di contraddizioni e di problemi perché le borse di studio non vanno ad incentivare e a portare lo studente o la studentessa verso quella che è una autodeterminazione. Lo studente/la studentessa nella maggior parte dei casi è infatti costretto a vedere le spese dell’istruzione a carico della famiglia o dei lavori che spesso sono svolti proprio dallo/a stesso/a studente/ studentessa. Si viene così a creare un gap: da una parte gli studenti e le studentesse che riescono a stare al passo semplicemente perché partono da condizioni sociali ed economiche migliori rispetto a chi magari lavora per pagarsi l’università o chi si trova in una serie di difficoltà soprattutto a fronte dell’emergenza sanitaria, che è anche emergenza sociale ed economica. In ottica di questo, pensiamo sia fondamentale istituire il reddito di formazione che non faccia gravare sulla famiglia quelli che sono i costi dell’istruzione. Perché ricordiamoci che l’istruzione è innanzitutto un diritto e questo è qualcosa che va sottolineato, visto che sembra normale che gli studenti e le studentesse siano trascurati e che in situazioni di pandemia noi dobbiamo necessariamente produrre. È diventato normale quando poi non si pensa che una persona possa avere problematiche all’interno della sua condizione sociale, economica e familiare. È questo il punto: creare un’università che sia veramente inclusiva in tutti i sensi per tutti e tutte e da tutti i punti di vista.

Quale significato quindi attribuite al termine “merito”?
Il merito non va inteso come qualcosa che va ad inficiare sulla vita e sulle condizioni materiale degli altri studenti e delle altre studentesse. Fin quando il merito sia qualcosa che non va a ledere quelli che sono i diritti di tutti e tutte allora è qualcosa di positivo, ma nel momento in cui i diritti vengono violati, c’è una palese contraddizione che nell’ateneo salernitano è rappresentata da Unisa premia il merito e dalla figura dell’idoneo non beneficiario.

Il Garante dei Diritti degli Studenti è una figura che manca in ateneo da anni, e nel programma Studenti Unisa ne proponete l’istituzione. Quale tipo di figura immaginate? una commissione formata da studenti e docenti o una semplice delega del Rettore ad una persona di sua fiducia?
Quella del garante è una figura che noi abbiamo provato ad istituire. Solo due giorni fa abbiamo organizzato un evento dal titolo “Oltre l’8 marzo” dove si è fatto riferimento al gender equality plan che l’Unisa ha varato, ponendosi l’obiettivo di un’università libera e accessibile a tutti e tutte. Alcune cose sono state fatte come l’istituzione del corso di “Storia delle donne e studi di genere”. Il punto è che accanto a queste iniziative vanno attuate tutta una serie di cose un po’ più concrete come potrebbe essere un codice anti-molestie, quindi istituire dei parametri e degli sportelli dove si vanno a denunciare queste cose, perché la molestia può partire da qualcosa di esplicito come “per l’esame ho bisogno di un favore” alle più piccole cose che possono essere i giudizi rispetto all’estetica. Quante volte sentiamo i Professori chiamare le ragazze “tesoro”, oppure i giudizi in base all’estetica. Con la creazione di uno sportello si va a portare lo studente (ma soprattutto la studentessa) a vivere più serenamente il proprio percorso formativo. Riteniamo fondamentale istituire la figura del garante dei diritti degli studenti e delle studentesse un po’ per tutelare tutto questo, un po’ per riuscire a far sì che l’università sia inclusiva veramente, che sia accessibile a tutte e tutti. Anche il codice anti-molestie è qualcosa per cui ci battiamo. Rispetto alla collaborazione con i docenti, sempre durante il nostro evento abbiamo trovato collaborazione: le professoresse che hanno collaborato con noi si sono messe a disposizione per quanto riguarda eventi futuri. Perché noi pensavamo anche all’istituzionalizzazione di gruppi di auto-coscienza rispetto alla questione etero-patriarcale. Nel senso che l’etero-patriarcato è qualcosa di radicato nella nostra cultura e pensiamo che lo strumento dell’autocoscienza possa essere uno strumento volto poi al raggiungimento di un’università che sia realmente inclusiva e accessibile.

Proponete di integrare l’attuale Carta dei diritti e doveri degli studenti con quella pubblicata dal CNSU che fa riferimento alla dad. In questo anno di pandemia, in che modo avete cercato di raccogliere le testimonianze delle difficoltà della classe studentesca e quali sono secondo voi le priorità in relazione alla didattica emerse in questo periodo?
Spesso e volentieri sono stati gli stessi studenti e le stesse studentesse a chiedere supporto e aiuto perché questa condizione pandemica non è stata uguale per tutte e tutti. Ci sono state categorie molto più svantaggiate. La situazione di crisi pandemica ha colpito tutte/tutti nel proprio piccolo. Su questo, l’istituzione degli sportelli psicologici è un altro punto fondamentale. Siamo entrati in contatto con gli studenti e le studentesse sia attraverso contatti loro da parte nostra, sia attraverso un lavoro che facciamo quotidianamente su ogni corso, su ogni dipartimento, che sono sempre eventi, lavori che facciamo collettivamente e sempre aperti a tutte e tutti. Su questo punto, Link Fisciano è stato da appiglio perché in questa condizione soprattutto per le matricole che non hanno ancora vissuto a pieno l’università magari siamo riusciti a coinvolgere le stesse matricole ma anche gli studenti e le studentesse che risentono delle difficoltà. Inoltre il nostro impegno nella strutturazione di lavori collettivi, un po’ per far tornare anche l’idea di università vissuta non esclusivamente come esamificio (quindi l’università come azienda che produce risultati e basta), ma proprio nell’ottica della funzione sociale dell’università, del suo ruolo fondamentale di acquisire una formazione quanto più ampia e piena possibile in maniera da coinvolgere studenti e studentesse in eventi che potevano interessare loro. Abbiamo vissuto un po’ il luogo di Link-Fisciano come un mezzo, un luogo che dà forma a quelle che poi sono le peculiarità specifiche di ognuno di noi.

Nel programma avete menzionato l’istituzione di una Commissione Ateneo per la didattica post-covid. Come vi immaginate possa essere strutturata? Che percentuali di personale docente e rappresentanza studentesca?
La pandemia ci ha mostrato molte cose negative, ma è stato un momento utile per adeguarci dal punto di vista tecnologico consentendo di dare vita ad un mezzo che è anche inclusivo. La didattica a distanza non è da esorcizzare totalmente. Noi propendiamo per un’università in presenza perché viverla in presenza ha una connotazione completamente diversa da viverla a distanza, però allo stesso tempo sappiamo che ci sono categorie di studenti e studentesse che hanno difficoltà nel riuscire a seguire l’università nel proprio percorso formativo in presenza. Quindi anche l’introduzione di modalità miste all’interno dei corsi di laurea rispetto ai corsi e agli esami è qualcosa su cui puntiamo perché va a tutelare una serie di figure. Nel mio corso di laurea, ad esempio, che è Filosofia, ci sono persone meno giovani che lavorano e che quindi hanno difficoltà a seguire corsi ecc, questo strumento della didattica a distanza per loro è stato utilissimo in questo senso. Allora perché non utilizzarlo in maniera corretta nel senso di dare l’opportunità a tutti e tutte di seguire quale tipo di percorso fare, che sia a distanza o in presenza.

L’innalzamento della No Tax Area proposto da voi è previsto anche per le categorie escluse attualmente tra le agevolazioni. Saranno quindi compresi, nella vostra proposta, anche i fuori corso?
Sì, assolutamente. I fuoricorso sono un’altra categoria che si è trovata ancora più in difficoltà. Spesso non si è fuori corso per volontà propria. Non tutti partiamo dalle stesse basi economiche e i fuori corso che magari avevano un lavoro, l’hanno perso. Dovendosi arrangiare in qualche modo hanno sicuramente avuto più difficoltà nel riuscire ad affrontare il percorso accademico. Sappiamo che per rientrare nella no tax area ci sono non solo requisiti relativi al reddito, cioè all’ISEE, ma anche requisiti di merito, ossia l’aver conseguito un tot di cfu. Nel caso in cui si diventa fuoricorso questa cosa è ancora più problematica: qualora lo studente non riuscisse più a rientrare nella no tax area avrebbe addosso un carico di spese ancora maggiore. Quindi la figura del fuoricorso è una figura su cui ci battiamo perché è una figura che va tutelata, che nella maggior parte dei casi si trova in difficoltà economica e/o psicologica, soprattutto in questo momento. Perché affrontare lo studio in pandemia non è la stessa cosa dell’affrontarlo quotidianamente. Stando chiusi in casa 24h al giorno nello stesso posto quasi 7 giorni su 7 risulta a maggior ragione una problematica, perché poi ci sono le famiglie che hanno un pc da cui si collegano tre studenti. Queste condizioni sono da tenere presente nella figura del fuoricorso e sono valutazioni che spesso e volentieri sono state estromesse dalla valutazione. Noi abbiamo la volontà di rilanciare la figura del fuoricorso e costruire veramente un’università che sia accessibile a tutti e tutte e costruire un’università che ti dia modo e possibilità di adempiere ad una formazione ampia che non sia costrittiva o nociva per la salute psicologica.

Proponete di stabilire degli incontri periodici tra studenti e rappresentanti; in che modo intendete fare questo? La rappresentanza studentesca non dovrebbe già essere inserita nella quotidianità studentesca e quindi conoscere già e vivere talvolta anche in prima persona le difficoltà?
Faccio un esempio. Su Scienze Politiche abbiamo ottenuto l’istituzione dell’assemblea studentesca che è un momento che il corso di laurea stesso ha deciso di istituire, un momento di confronto di rappresentanza. L’istituzione di un momento assembleare per ogni corso di laurea è fondamentale perché riesce a fare da tramite con le vere esigenze degli studenti e delle studentesse soprattutto in un periodo come questo dove non si può fare quello che si faceva prima: stare tra i corridoi dell’università, farsi una chiacchiera, conoscere persone, capire quale situazione stesse vivendo quel corso di laurea, stesse vivendo quello studente. Queste sono tutte cose che sono venute a mancare, ragione per cui l’istituzione di questi momenti sono diventati fondamentali.

In relazione ai trasporti da e per l’Unisa proponete di rafforzare il ruolo del tavolo tecnico. Dei trasporti si occupa spesso, se non sempre, il consiglio degli studenti con una commissione di cui ha fatto parte anche Link-Fisciano nel Consiglio uscente. Alla luce della vostra esperienza lì, quanto potere credete abbia e possa avere la rappresentanza studentesca per incidere in modo rilevante sui trasporti? Giacché è da sempre che la rappresentanza promuove un tale intervento.
Noi siamo stanchi di un’università che non ci ascolta. Spesso in questo periodo si è parlato di giovani, della loro condizione, di come stessero vivendo questo periodo, ma mai nessuno si è posto il problema di parlare con i giovani. Riuscire a farci ascoltare diventa una cosa fondamentale, perché ci sono problematicità anche per quanto riguarda il sistema dei trasporti, perché ci sono persone che vengono per esempio da Maiori dove i pullman passano pochissimo e quindi avrebbero difficoltà  nel riuscire a vivere l’università appieno e quindi diventa fondamentale in questo senso anche all’interno del Consiglio degli Studenti ma anche attraverso la cooperazione da parte di Studenti Unisa di cui facciamo parte per riuscire a creare una sorta di contrasto con le istituzioni. Noi come Link-Fisciano abbiamo numerose volte chiesto di istituire tavoli di incontro con il Rettore, con il governatore De Luca che ha una delega rispetto all’università, ma non si è mai degnato di una parola sull’università. In questo senso diventa fondamentale farsi ascoltare, anche se dovessimo ricorrere a modi più conflittuali (chiaramente intendiamo i modi conflittuali che non vanno a mancare di rispetto alle persone). Le istituzioni hanno il compito di tutelare i bisogni degli studenti e delle studentesse, hanno il compito di ascoltare  e se non si fa è un problema. Un problema che va risolto e a cui va dato voce. In questo senso non abbiamo mai avuto problemi nel creare questo tipo di processo, questo tipo di dinamiche, anche conflittuali.

La vostra richiesta di integrare il part time all’interno del sistema tirocinio rendendolo di fatto equipollente al conseguimento dello stesso è compatibile con la possibilità di effettuare tirocini congruenti al proprio corso di laurea? Cosa intendete proporre per il comparto tirocini? Inoltre, l’Unione Europea si è espressa sulle attività di tirocinio svolte dagli studenti chiedendo che vengano retribuite. In che modo vigilerete sul recepimento della normativa da parte dell’Unisa?
Rispetto ai tirocini, accogliamo positivamente la posizione dell’Unione Europea visto che spesso i tirocini risultavano essere dei lavori non pagati, semplice sfruttamento e spesso non erano neanche formativi per il percorso che lo studente e la studentessa stavano affrontando. Quindi accogliamo positivamente le posizioni dell’Unione Europea  e ci aspettiamo che anche l’università prenda posizione, perché stiamo parlando di ore e tempo che ogni studente e studentessa impiega in percorsi che molte volte non erano funzionali al proprio percorso accademico. Inoltre stiamo sempre parlando di lavoro, ragione per cui incentivare in questo senso risulta anche una mossa congeniale rispetto a tutto quello che stavamo dicendo prima, rispetto all’autodeterminazione dello studente e della studentessa, a lasciare che lo studente e la studentessa abbia la possibilità di vivere l’università nella maniera più giusta possibile.

Chiedete di prevedere l’installazione di un minimarket e di una parafarmacia nei campus, probabilmente per venire incontro soprattutto agli studenti fuorisede. A proposito di questa categoria, in questi mesi sono emerse diverse difficoltà: non sempre le agevolazioni hanno consentito di recuperare le spese per gli affitti e tuttora manca per loro la possibilità prendere parte alle elezioni nazionali (dovendo far rientro nei propri comuni) e sempre tuttora manca una assistenza sanitaria nella città in cui studiano. Su questi punti qui, cosa proverete a fare?
Altra categoria totalmente tralasciata, che si è trovata in una serie di difficoltà che non hanno permesso loro di riuscire a vivere l’università nella maniera più giusta possibile. Stiamo parlando sempre di persone, persone che già nella normalità senza pandemia vivevano delle condizioni per cui frequentavano l’università e poi tornavano nelle residenze universitarie senza riuscire a vivere una condizione anche giovanile giusta. Fisciano non è molta nota per la movida, nonostante ci siano alcuni siti che provano a fare aggregazione giovanile, che promuovono cultura ecc, però in  questo senso diventa fondamentale da parte dell’università istituire qualcosa che riesca a tutelare gli studenti e le studentesse fuorisede. Noi come Link-Fisciano abbiamo pensato molte volte a quale tipo di iniziativa si potesse fare in ambito sociale e culturale, chiaramente la pandemia non ci permette di creare socialità e aggregazione e infatti molti circoli sono stati chiusi perché anche prima noi ragionavamo sul costruire qualcosa che potesse essere una semplice serata a tema, un cineforum, una sala che permettesse di svolgere giochi di ruolo una volta a settimana. Anche in questo senso scrollarsi un po’ l’immagine di dosso dello studente e della studentessa fuorisede, ma in realtà di ogni studente e di ogni studentessa come un numero, una persona che deve esclusivamente produrre risultati e in tempi brevi. Stiamo parlando di persone che non possono vivere quotidianamente una condizione che sia solipsistica, quindi una visione unitaria delle cose, vivere esclusivamente per produrre risultati in campo universitario. Ogni persona è fatta in tantissimi modi diversi, in tantissime sfaccettature ma ognuno di noi ha bisogno di socialità, di riuscire ad essere protagonisti della propria vita. Il fuorisede non può essere lasciato solo così, gli si dà una casa, gli si dà  la mensa e via, poi il resto se la vede da solo. Non stiamo parlando di Bologna, Napoli, Roma, stiamo parlando di Fisciano che è un centro scollegato da qualsiasi provincia, e lontana da Avellino e Salerno. Non è un caso che a Fisciano ci siano stati degli eventi di suicidio, non era un caso che erano studenti e studentesse. C’è la visione dello studente e della studentessa come un numero che deve semplicemente produrre cose, mentre lo studente e la studentessa è una persona che vive di tante cose, e non solo di università e talvolta si trova in una condizione psicologica tale per cui il solo riuscire a vivere esclusivamente in funzione dell’università risulta un peso per la società e risulta un peso per l’università, per la sua famiglia e per se stesso. È questo il punto: riuscire a far sì che lo studente e la studentessa emerga da questo, far sì che lo studente e la studentessa possa realmente vivere l’università appieno, nella maniera più inclusiva e accessibile per tutte e tutti.

Proponete l’apertura del campus nel fine settimana e prolungata negli orari serali in modo da consentire una maggiore vivibilità del campus. Il problema però della vivibilità del campus non è anche un problema in generale di spazio oltre che di tempo? Ad oggi le aule sono quasi sempre occupate dalle lezioni e gli eventi che le stesse associazioni organizzano di volta in volta devono sempre incastrarsi con gli orari delle lezioni. Un campus così grande, che aspira a questo tipo di vivibilità, non dovrebbe avere degli spazi esclusivamente adibiti alle attività culturali? Il discorso si collega anche alla stessa presenza delle associazioni in ateneo. Non sono poche le associazioni che in ateneo posseggono una sede, se confrontate con quelle che non ce l’hanno?
La questione è: fino a che punto ci interessa tutelare gli studenti e le studentesse? Il punto è porsi l’obiettivo di andare a tutelare tutti e tutte. Io non penso sia un problema di spazio perché il campus è vastissimo e l’introduzione della modalità mista potrebbe essere utile in questo senso. Ci sono categorie di studenti a cui piacerebbe vivere l’università in maniera fisica e una fetta di componente studentesca che non vorrebbe vivere nel campus e questo comporterebbe maggiori spazi a disposizione. Detto questo, ci sono spazi rimasti chiusi, come la biblioteca di Filosofia che non è stata chiusa subito dopo la Riforma Gelmini. La custode ha continuato a lavorare e ad aprirla, ma quando è andata in pensione la biblioteca è stata chiusa. Questo significa che quello spazio c’è, è utilizzabile. Così come ci sono altri spazi che possono essere messi a disposizione. Ritorna in questo senso utile il discorso delle sedi. Come Link-Fisciano non abbiamo mai avuto sedi ma solo un gabbiotto che è piccolo e non permette di fare molto dentro, però anche in questo senso noi abbiamo sempre pensato che l’istituzione di uno spazio sarebbe stato fondamentale non solo per intercettare i bisogni degli studenti e delle studentesse ma anche perché quello spazio poteva diventare anche luogo dove ogni studente e ogni studentessa poteva dire la sua. Se mai avessimo avuto uno spazio lo avremmo reso aperto a tutte e tutti, senza limiti in maniera tale da elaborare idee, partecipazione attiva da parte degli studenti e delle studentesse non solo per quello che riguarda il corso di laurea ma anche per quello che riguarda la vita degli studenti e delle studentesse. Magari ci sono persone del Davimus che hanno voglia di scrivere, suonare, noi possiamo dire loro di entrare in quello spazio e vedere cosa riusciamo a fare insieme. Il punto è questo: far sì che questi luoghi diventino fulcro motore per quello che sono le esigenze di ognuno/a.

Proponete la digitalizzazione dei testi e la creazione di uno sportello online per le segreterie dipartimentali; chiederete anche di conservare la didattica a distanza quando si potrà tornare in presenza? E quindi di conservare una didattica mista anche per il futuro?
Sì, il punto è questo: riuscire a lavorare ad una didattica mista perché intendiamo tutelare tutte e tutti. Come Link-Fisciano abbiamo la posizione di vivere l’università in presenza perché secondo noi questa è la vera formazione, dall’altra parte c’è da fare i conti con le esigenze e i bisogni degli studenti e delle studentesse. Ci sono  categorie che hanno bisogno della didattica a distanza quindi la modalità mista è uno dei nostri obiettivi.

La ristrutturazione del Centro Counseling da voi proposta richiede l’apertura di uno sportello anche all’interno del campus di Fisciano. Secondo voi, questo incrementerebbe la fruizione del servizio? Credete che averlo circoscritto solo al campus di Baronissi abbia influito negativamente?
Fisciano e Baronissi sono distanti. È chiaro che vada tutelata tutta la componente studentesca quindi se questa istituzione è esclusivamente a Baronissi rappresenta una difficoltà da parte degli studenti e delle studentesse che studiano a Fisciano. È chiaro che vada pensato di fare uno sportello anche a Fisciano. Noi come Link-Fisciano abbiamo pensato ad una serie di sportelli autogestiti. Sappiamo che non abbiamo le competenze che hanno gli psicologici però possiamo riuscire in qualche modo a mostrare vicinanza alle persone. Link-Fisciano ha all’interno persone che sono attive sui vari territori, tipo io faccio parte della rete “Diamoci una mano” che è nata durante la pandemia e fornisce aiuti psicologici anche a distanza. In questo senso risulta utile fare anche da tramite con i singoli territori di tutta la Regione.

Durante questo periodo di emergenza, dove tutte le attività sono state spostate a distanza, il tema del digital divide è ritornato in auge. Chiederete di ripristinare il servizio di kit connettività per gli studenti che non hanno fatto in tempo ad ottenerli? Oltre al kit di connettività previsto dall’Ateneo, secondo voi quale manovre sarebbe necessario attuare?
L’iniziativa va bene, però non basta. Anche perché si tratta di una misura una tantum che non va a tutelare tutte le condizioni. Per quanto possa essere stata positiva questa iniziativa, il punto è innanzitutto che non è accessibile a tutte e tutti e che per quanto si dia modo di avere una rete wifi in realtà non si va a considerare il fatto che ci sia un pc per quattro fratelli. Diventa, qui, fondamentale l’apertura di spazi in sicurezza e quindi ritorniamo al discorso di prima; perché poi tutto il programma è collegato e si esprime una visione di università.

Le proposte relative alla sostenibilità ambientale sono un ampliamento di quelle già pensate dall’Ateneo nel programma ecologico presentato nel 2019? Quanto ancora c’è da fare secondo voi? Come andrebbe ridotto ad esempio l’uso della plastica?
È chiaro che l’emergenza climatica ci mette di fronte ad una condizione dalla quale non possiamo prescindere. È un assunto dal quale bisogna partire per costruire un’università anche in termini di ecosostenibilità. Si possono utilizzare bicchieri biodegradabili nei distributori di Fisciano, disporre in mensa anziché della plastica di materiale biodegradabile. Questo comporterebbe un altro step, un altro passo, i campus vanno ripensati in termini di sostenibilità quindi anche mettendo insieme le competenze che a Fisciano ci sono e mi viene in mente il Professor De Feo. Quindi mettere al centro le competenze che ci sono all’interno dell’ateneo, che possono contribuire su questo punto.

Chiedete di aumentare il numero di libri disponibili per il prestito e di provvedere alla digitalizzazione dei testi. Da questo punto di vista, quanto l’Unisa è indietro rispetto ad altre università che hanno consentito lo studio all’interno delle loro sedi durante i mesi scorsi? In che modo, inoltre, secondo voi, sarà possibile ritornare per studiare negli edifici delle biblioteche? Si dovrà pensare anche lì ad un sistema di prenotazione posti?
La digitalizzazione risulta fondamentale perché non dimentichiamoci che l’Unisa è vissuta da persone provenienti dalla Regione Campania ma anche da fuori e quindi la didattica a distanza che ha fatto sì che molte persone tornassero al proprio domicilio hanno poi avuto difficoltà a reperire materiale didattico. È impensabile pensare che una persona dalla Puglia possa andare in biblioteca a Fisciano per recuperare quel libro che si trova solo lì. In questo senso la digitalizzazione risulta fondamentale. Riteniamo che la riapertura delle biblioteche sia fondamentale. Noi non siamo dell’opinione che vada riaperto tutto in maniera sconsiderata. C’è un’emergenza ma quella emergenza non può impedirci di vivere un percorso di formazione. Vanno messi in sicurezza i luoghi, vanno prese tutte le specifiche del caso, mascherine, igienizzanti, distanziamento, tutte le misure che fanno sì che il campus possa ritornare ad essere vissuto in sicurezza.

La Redazione