L’importanza dei verbali degli organi d’ateneo che nessuno leggerà

L’importanza dei verbali degli organi d’ateneo che nessuno leggerà

21 Ottobre 2019

“I verbali delle sedute degli organi collegiali sono pubblici e sono resi consultabili anche con modalità telematiche” lo dice l’art. 107 – Pubblicità degli atti, dello Statuto Generale dell’Università di Salerno. E, a quanto pare, serve ribadirlo.

Nonostante sul sito dell’ateneo ci sia una sezione apposita dedicata agli organi di governo (quali sono, chi li compone, quali compiti svolgono, quando si riuniscono e cosa decidono) le informazioni inerenti i loro incontri e il lavoro svolto scarseggiano. Anzi, per essere proprio precisi: non ve n’è alcuna traccia. Un vuoto di oltre un anno, a cui fa eccezione soltanto il Nucleo di Valutazione che in modo diligente ha curato uno specifico calendario delle riunioni, annotando gli ordini del giorno oggetto delle sedute e i verbali sintesi degli incontri. Quella che dovrebbe essere una regola consolidata è diventata l’eccezione di una prassi nel campo della governance. A Marzo 2018 risale l’ultima comunicazione di convocazione del Senato Accademico, a Settembre del 2018 quella del Consiglio di Amministrazione. Da oltre un anno tutto tace e non solo in relazione ai più alti organi di governo. Si aggiungono a quest’elenco anche il CUG (Comitato Unico di Garanzia) e il Consiglio degli Studenti. Tutti e quattro con una composizione, sebbene in proporzione diversa, di rappresentanza studentesca al suo interno. Mentre nei primi tre (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione, CUG) le attività di redazione, con annessa pubblicazione, degli ordini del giorno e dei verbali non sono svolte dagli studenti, nel CdS è invece tutto soggetto all’attività dei rappresentanti.

Da questo punto di vista, in realtà, il Consiglio si presenta piuttosto recidivo: già quello precedente era solito dimenticarsi di dare comunicazione delle riunioni e delle decisioni prese in seduta; ma quello attuale ha decisamente superato ogni aspettativa pubblicando una sola volta, a Maggio 2018, le questioni oggetto della seduta del giorno 15. Non si direbbe, eppure durante i primi incontri il Consiglio ha trattato del tema proprio rifacendosi alle precedenti carenze e proprio ponendosi l’obiettivo di operare in modo diverso. Dopo l’insediamento, di Marzo 2018, l’organo ha atteso un po’ prima di accedere all’iter di pubblicazione delle informative sul sito di ateneo e di avere un riferimento social su Facebook: alla fine i rappresentanti, non riuscendo ad ottenere le credenziali della pagina uffciale del Consiglio, ne hanno creato una nuova mentre quella di prima, dopo qualche mese, in occasione delle elezioni per il CNSU, è stata ribattezzata “Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari Unisa”. Speriamo che almeno le difficoltà nel trasferire le credenziali non diventino una strana abitudine o presto ci ritroveremo la piattaforma social piena di pagine omonime.

Il tema della comunicazione tra gli organi di rappresentanza e gli studenti forse a molti, visto l’operato, non interessa particolarmente, eppure si tratta di una questione essenziale per cercare di superare il fallace accostamento unico della rappresentanza alle associazioni studentesche. Sfatiamo un mito: delle questioni universitarie si può parlare e ce ne si può interessare anche se non si milita all’interno di un’organizzazione specifica o se non si aspira a diventare rappresentante degli studenti. Prima che questo accada, però, serve una presa di coscienza da parte delle stesse associazioni che si dimostrino interessate a dare vita ad una politica studentesca che sia trasversale e che non necessariamente comporti il tesseramente ad un’associazione. Se così fosse, magari il problema di comunicare cosa accade all’interno degli organi qualcuno se lo porrebbe di più. E si badi bene: non può valere il “ne dò comunicazione io/la mia associazione”. Per quanto legittimato a farlo, resta una comunicazione di parte e quindi parziale. Leggere i verbali dei vari organi invece è utile anche per conoscere le questioni su cui non si è preso una decisione, sul modo in cui si è dibattuto su un problema e anche a sapere, in generale, quali sono le questioni su cui si stanno concentrando gli organi. Sarebbe un buon modo per rendere davvero partecipi gli studenti, questione su cui, tra l’altro, il Consiglio si è interrogato scegliendo di non svolgere più le riunioni unicamente presso la sala Biagio Agnes ma provando di volta in volta a raggiungere un dipartimento diverso e poi soffermandosi sulla possibilità di inserire la diretta streaming (a cui il Consiglio, alla fine, ha detto di no). A cosa però serve questo se poi qualcuno che naviga sui social o sul sito, che dunque non necessariamente segue i tempi di pubblicazione della pagina facebook dell’organo, non riesce a leggere nulla? Nel caso del Consiglio mancano persino le informazioni relative alle Commissioni: quali sono, di cosa si occupano, quali rappresentanti ci sono. Eppure sono le persone che sono riuscite, parlando con il delegato del Rettore ai trasporti, ad aggiungere qualche corsa di alcune aziende, quelli che hanno discusso dell’innalzamento della soglia della NoTaxArea.

Non solo. Vista la carenza di informazioni accessibili a tutti, qualcuno potrebbe direttamente suggerire agli studenti di chiedere al rappresentante e all’associazione per la quale hanno votato. Legittimo, ma non del tutto. Le associazioni e i rappresentanti devono mettersi a disposizione dell’intera comunità, ci mancherebbe, ma dovrebbero farlo negli organi in cui sono stati eletti e proprio attraverso la realizzazione di politiche che mettono nella posizione gli studenti e le studentesse di accedere autonomamente alle informazioni o alle soluzioni di cui hanno bisogno. Colmare il vuoto dei verbali con delle comunicazioni singole (di singole associazioni, di singoli rappresentanti) è da una parte un dovere della rappresentanza ma dall’altro è un rischio per la stessa classe accademica: significa mettere i rappresentanti nelle condizioni di poter arbitrariamente scegliere cosa dire, quando dirla e come dirla. Informazione, appunto, parziale, che non tiene conto delle eventuali altri parti in gioco.

Si tratta, cioè, di un diritto negato agli studenti. A cui si rendono complici tutti gli organi e i vari soggetti che li vengono chiamati ad esercitare il proprio ruolo. Significa impedire agli studenti di informarsi in modo autonomo, direttamente dalle fonti, e di prendere coscienza in modo assolutamente libero delle problematiche universitarie. Se l’ateneo salernitano imparasse a fare questo, a creare una classe studentesca informata a prescindere sulle diverse questioni, avremmo anche impedito che un corso di laurea rinunciasse alle sue elezioni interne per assenza di candidati. Si permetterebbe un voto davvero consapevole e non basato su una campagna elettorale estenuante e poco rispettosa degli spazi comuni. Sarebbe una nuova classe studentesca molto più forte perchè a fare politica sarebbero tutti gli studenti e non solo i pochi eletti. Sarebbe una nuova università. Magari, pensateci.

Antonella Maiorino