Fuori (sede) dai seggi elettorali

Fuori (sede) dai seggi elettorali

16 Settembre 2020

Manca poco all’apertura dei seggi elettorali, prevista per il 20 e 21 Settembre, dentro i quali si sceglierà la sorte della Costituzione Italiana e la guida di sette regioni. Al di là delle tematiche oggetto di valutazione dell’opinione pubblica, oggi è il caso di occuparci di un tema che emerge tutte le volte che il popolo italiano viene chiamato ad esprimersi attraverso un voto. Parliamo dei fuori sede (studenti e/o lavoratori) che per esercitare il loro dovere civico sono costretti a tornare nel comune di residenza andando incontro a costi di biglietto spesso elevati che non tengono conto della necessità del viaggio. Con 7.500 firme The Good Lobby e IoVotoFuoriSede hanno lanciato la petizione “Stop ai viaggi costosi e rischiosi per andare a votare in tempi di pandemia”. L’iniziativa ha come obiettivo quello di portare all’attenzione del Governo la necessità di riformare la legge elettorale risalente agli anni Sessanta.

“Succederà di nuovo per il referendum del 20-21 settembre: per colpa di una legge obsoleta risalente agli anni Sessanta, circa 2 milioni di cittadini in mobilità dovranno decidere se affrontare lunghi, costosi e – in tempi di pandemia – potenzialmente rischiosi viaggi per andare a votare” ha denunciato il comitato civico, in collaborazione con Casa Surace.

L’Osservatorio Talents Venture,  una società di consulenza specializzata in servizi di orientamento e sviluppo di soluzioni a sostegno dell’istruzione universitaria, ha dichiarato che il 27,4% degli iscritti alle università con nazionalità italiana nell’a.a. 2017/2018 (1.606.909 studenti) frequenta un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza. Vale a dire che, in Italia, ci sono 440.293 fuori sede.

Quasi mezzo milione di persone rischiano di non esercitare il loro diritto di voto a causa del costo del biglietto troppo alto e/o per non incorrere in un possibile contagio da Covid-19. Senza contare coloro che per altri motivi si ritrovano domiciliati in comuni distanti da quello dove hanno la residenza. In questo caso il numero, secondo il comitato IoVotoFuoriSede, salirebbe fino a quasi due milioni. Lo Stato consente già a determinate categorie (militari, corpi di polizia, lavoratori marittimi, degenti, detenuti e studenti Erasmus) di votare pur non recandosi nel proprio comune di residenza, solo che ancora non hanno incluso i fuori sede. Il rischio, nel continuare ad escludere quest’ultima categoria, è che ne risenti l’affluenza alle urne. Anghelé, direttore di The Good Lobby, ha fatto notare come per le elezioni del 2018 l’affluenza del 73% si sia abbassata di 7 punti nelle regioni meridionali  (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) dove gran parte di chi non ha votato sono cittadini in mobilità.

Una possibilità di esercitare il diritto di voto senza ritornare a casa, però, c’è. Ed è valido solo per le consultazioni referendarie. L’escamotage si trova nella legge 325 del 25 maggio 1970 che consente di esercitare il proprio diritto di voto anche in un comune in cui non si risiede soltanto se si diventa rappresentanti di lista. Si dovrà dunque fare domanda ad un partito o ad un comitato e, in caso di esito positivo, si dovrà adempiere ai dovere di rappresentante di lista e quindi vigilare sul corretto svolgimento delle votazioni.

Resta in ogni caso solo un escamotage, e non di certo un diritto garantito. Non è possibile che chi voglia votare senza incorrere in costi o rischi di contagio debba ritrovarsi ad adempiere doveri di rappresentante di lista che, forse, non vorrebbe esercitare. Chi ricopre tale ruolo deve assistere alle operazioni di voto e di scrutinio dovendo garantire disponibilità di tempo che non è detto abbiano tutti. Non è affatto una posizione da sottovalutare e sarebbe il caso che ad occuparla sia una persona davvero interessata a svolgere tale mansione.

Oltre alla raccolta firme online, qualcos’altro si muove: alcuni elettori hanno depositato un ricorso perché in occasione delle elezioni del 2018 sono stati costretti a sostenere spese elevate o a rinunciare al voto. L’intenzione è quello di unire il maggior numero di persone che hanno patito la problematica per giungere fino alla Corte Costituzionale.

Attualmente sono in atto diversi sconti per ogni tipo di mezzo ma i prezzi continuano ad essere elevati, soprattutto perché parliamo di studenti e lavoratori temporanei che non hanno (o almeno non tutti) fisse e ingenti entrate che possano loro permettere di viaggiare per un giorno e pagare somme in ogni caso non esigue. Per molti non sarà conveniente, così come non è detto che lo sia usufruire della possibilità di esercitare le funzioni di rappresentante di lista.

Anche se le votazioni non sono ancora iniziate, possiamo già parlare di sconfitta.

Antonella Maiorino