Oscar 2020: l’emancipazione femminile unisce passato e presente

Oscar 2020: l’emancipazione femminile unisce passato e presente

9 Febbraio 2020

Il dolce suono del pianoforte. È probabilmente questo il primo ricordo che chi ha avuto occasione di guardare il film “Piccole Donne”, diretto da Greta Gerwig e candidato agli Oscar 2020, attribuisce alla pellicola. Come molti già sanno, il film si ispira al famoso romanzo autobiografico “Little Women” di Louisa May Alcott pubblicato per la prima volta nel 1880. Anni dopo, precisamente nel 1917, esce quello che sarebbe stato il primo di una lunga serie di adattamenti cinematografici, ormai andato perduto. Non dev’essere propriamente semplice decidere di mettere in scena una nuova trasposizione di un romanzo e cercare di rendere la sceneggiatura il più originale possibile. Greta Gerwig ha decisamente vinto la sfida. Infatti, il film da lei diretto è stato considerato tra quelli più fedeli al romanzo e con una chiave moderna, senza che questa sminuisca gli ideali intrinsechi nel libro.  Ad aiutarla un cast che vanta volti già noti nel mondo del cinema, da Emma Watson, Meryl Streep a Saoirse Ronan, quest’ultima candidata agli Oscar come miglior attrice protagonista.

La storia viene rappresentata da Greta Gerwig con due storyline parallele e distanti nel tempo che uniscono i due romanzi di Louisa May Alcott “Piccole Donne” e “Piccole Donne Crescono”, donando al film un sorprendente dinamismo senza che questo confonda lo spettatore. Il racconto prende vita a fine Ottocento ed i costumi e l’ambientazione, anch’essi molto fedeli a quelli dell’epoca, riescono a far immedesimare lo spettatore in quegli anni che visti da fuori sembrano così lontani. Greta Gerwig, come da lei stessa dichiarato, ha sempre avuto un’idea piuttosto chiara di ciò di cui parlava il libro. Delle donne come artiste e del loro rapporto con il denaro. “Se sei donna, non puoi permetterti di rimanere zitella, a meno che tu non sia ricca” è l’insegnamento che la zia March, interpretata da Meryl Streep, prova a dare alle sue nipoti. Quest’ultime, cresciute con un’educazione piuttosto atipica e innovativa per quel periodo storico, non seguono il consiglio della zia, fatta eccezione forse per l’ambiziosa Amy, interpretata da Florence Pugh, anch’essa candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista. Al suo personaggio, a differenza delle altre trasposizioni cinematografiche, viene concesso più spazio e ciò riesce ad avvicinarla di più allo spettatore che la osserva sotto una nuova luce, probabilmente scoprendo dei tratti anche affini ai suoi. Ogni sorella veste un colore diverso che la distingue dalle altre e rispecchia il suo carattere. La romantica Meg, interpretata da Emma Watson, indossa abiti lilla e verdi; la determinazione di Jo, ruolo affidato a Saoirse Ronan, la incornicia nei toni del rosso ardente; Amy, la più ambiziosa delle quattro, porta i colori freschi dell’azzurro; per la dolce e fragile Beth di Eliza Scanlen, è stato scelto il rosa pallido che veste soprattutto mentre suona delicatamente i tasti del pianoforte da lei tanto amato.

Lo spettatore, poco alla volta, riesce a conoscerle ed amarle tutte durante le due ore in cui il film gli fa compagnia. Le emozioni di ognuna di loro sono anche le sue. Gioisce con Meg il giorno del suo matrimonio, è orgoglioso di Jo quando riesce a coronare il suo sogno di diventare scrittrice, ha voglia di consolare Meg quando realizza di non essere considerata la miglior pittrice dell’epoca, e osserva suonare Beth in rigoroso silenzio facendosi cullare dolcemente dalla musica. Soprattutto, piange insieme ai March quando si ritrovano costretti a convivere con la consapevolezza di non poter più ascoltare la melodia della più piccola e fragile della famiglia che accompagnava le loro giornate. Ma se Jo riesce a pubblicare il suo primo libro, dedicato a Beth, è anche per dare sfogo al suo dolore. È grazie a quest’ultimo che riprende a scrivere per far conoscere la storia della sua famiglia e le avventure vissute insieme alle sue sorelle in una piccola casa di campagna. Un racconto che riesce ad entrare nel cuore di molti lettori e attraversa il mondo intero.

Il tema dell’emancipazione femminile, argomento sentito sia delle attrici che dalla regista, viene rappresentato in modo non banale. Una chiave moderna che accomuna le donne del passato e del presente. L’andare avanti per la propria strada senza un uomo a fare da garante, la determinazione di farlo nonostante gli ostacoli e la voglia, forse anche necessità, di mostrare il proprio valore non riguardano solo le donne di ieri, ma soprattutto quelle di oggi. Con la speranza che quelle future non avranno più bisogno di lottare.

 

Annaclaudia D’Errico