Omofobia: l’ipocrisia nelle sue varie sfumature

Omofobia: l’ipocrisia nelle sue varie sfumature

27 Settembre 2013

Nel logorio della solita informazione, intenta a riproporci il tira e molla del Pdl, che oggi si domani no minaccia di far cadere il governo, l’opinione pubblica ha di che felicitarsi: nuove vecchie notizie ritornano, altri due casi di omofobia, si susseguono nell’arco di breve tempo.

Un elemento, oltre ovviamente a quello dell’intolleranza, fa da trait d’union tra queste due vicende: l’ipocrisia che strisciante fuoriesce in tutta la sua forza.

Il primo fatto, si svolge a Genova dove una donna in un Salone di bellezza, evita di essere “infettata” da un parrucchiere omosessuale, che avrebbe potuto fatalmente con spazzola e phon trasmettere la sua “malattia”, il suo essere gay, di capello in capello.

Allora ho pensato a questa signora, l’ho immaginata: distinta, pura (non malata) a passo con i tempi; chiacchierare davanti al bar con le amiche, mentre in tv passa un video di Tiziano Ferro, provocando i suoi apprezzamenti nei confronti di quel bel ragazzo (lui è “malato” ma lei non lo sa). Poi la discussione scivola nel racconto della sua giornata passata a fare shopping, con tono soddisfatto parla di quali grandi capi di famosi stilisti, ora riempiranno il suo armadio (parte di questi protagonisti della moda sono “malati” ma lei non lo sa).

Poi ha scoperto il mondo dei social network, Facebook, sulla sua pagina del profilo, quanta cultura!

Poesie, grandi racconti e citazioni su citazioni, toh Oscar Wilde (anche ai suoi tempi la “malattia” esisteva ma lei non lo sa).

Fortunatamente però è riuscita, in questa estenuante giornata, a non cadere tra le mani di quell’omosessuale di un parrucchiere! La malattia non avrebbe potuto conoscere cura sufficiente!

Ma per non farci mancare nulla, si è aggiunta una seconda vicenda: il polverone creato dalle parole rilasciate, dal proprietario di una nota azienda alimentare, ad un programma radiofonico.

L’imprenditore dice che nella pubblicità dei suoi prodotti, non ci sarebbe stato altro se non la raffigurazione di una famiglia tradizionale, quindi, che quelle gay, non avrebbero potuto trovare spazio!

Ho omesso il nome dell’azienda, perché di pubblicità gliene è stata fatta fin troppa. Forse giocando sull’effetto domino delle critiche sparse tra tv, giornali e internet: una sorta di omofobia di ritorno insomma.

Qui ho immaginato la colazione di quella che può essere la fiera famiglia tradizionale, nel ventunesimo secolo: i genitori, madre e padre e i loro figli, consumare tra sorrisi alle 7 di mattina, a quell’ora chi non sprizzerebbe felicità da tutti pori, con tanto di musica celestiale di sottofondo, la tanto amata colazione.

Aspettate questo è il sunto dello spot che va in onda.

Diciamo che la famiglia oggi, alle volte risulta davvero ampia e larga, proprio come quelle di un tempo. Fortuna che questa azienda ha una varia e vasta scelta che va dalla colazione fino ai primi piatti: pensiamo alla colazione, allora, a questa famiglia riunita a tavola, forse non saranno proprio solo sorrisi, non ci sarà quella stupenda musica lirica di sottofondo, ma attorno alla tavola, ci sarà seduta una vera e propria famiglia, quello sì.

I bambini mangeranno dei deliziosi biscotti da accompagnare con il latte, prima di scappare a scuola, con la madre e il compagno della madre, attenzione ci sono due figure distinte, come quello dell’uomo e della donna: sempre nel rispetto della tradizione.

Per poi pranzare una volta a settimana, a casa del loro padre che intanto si è da poco legato sentimentalmente. I bambini gusteranno un bel piatto di pasta, insieme a due distinte figure, come quello della uomo, il padre, la donna, la sua nuova compagna: sempre nel rispetto della tradizione.

Questa si che è una famiglia, non come quella formata da una coppia di “malati”, ligia al rispetto dei valori italiani e cattolici: alla fedeltà, all’unione della stessa.

In fondo cosa c’è di più bello di una famiglia tradizionale, se non quello di farsene due?

Gian Luca Sapere