L’arte della censura: politica anti street-art da Ostia a Baronissi

L’arte della censura: politica anti street-art da Ostia a Baronissi

25 Settembre 2019

Ci sono temi che per loro natura si posizionano sempre al di sopra delle possibili divisioni di una società. Valori su cui sarebbe meglio andare tutti d’accordo. Principi da rispettare, al di là di qualsiasi schieramento politico. La libertà di espressione, di dissenso o la semplice caricatura artistica di un personaggio pubblico, rientrano tra questi e nulla hanno a che fare con le offese personali, gli sfottò e l’incitamento all’odio. C’è differenza tra la manifestazione di un giudizio nei confronti di un personaggio pubblico che prenda di mira aspetti relativi alla sua sfera personale, come per l’abbigliamento nel caso della ministra Terranova, e ironizzare su note vicende che toccano qualcuno in qualità di personaggio pubblico e non in quanto cittadino privato. 

Il caso degli striscioni prelevati dalla Digos sui balconi di privati cittadini aveva già sollecitato l’opinione pubblica a riflettere sullo spazio che viene oggi concesso alle spontanee, e quasi sempre ironiche, espressioni linguistiche di dissenso. Attenzione che si è accentuata con la notizia del comune di Ostia a guida 5stelle che, su pressioni di Casapound, è intervenuta per oscurare parte di un murales dedicato a chi nel paese ha rappresentato la legalità. Lo street artist Lucamaleonte insieme al collettivo a.Dna e in seguito alla vittoria di un bando del MIUR, si è impegnato nella realizzazione di un’opera che potesse rappresentare per la città un monito e dal quale i cittadini potessero trarre forza e coraggio. Un disegno chiaro, diretto e di testimonianza. Lungo una parte rettangolare che si protrae per diversi metri sono stati raffigurati i volti di abitanti di Ostia che con il loro lavoro e impegno hanno omaggiato la città: Massimo Di Somma ex presidente del municipio, Manuel Bortuzzo il nuotatore che continua a lottare dopo essere stato colpito da un proiettile durante una sparatoria, Domenico Fonti il maestro che ha educato generazioni di ostiensi, Gianni Sepe ex direttore del Giornale di Ostia, Mariam Moustafa uccisa a Nottingham durante un raid razzista. E anche Federica Angeli che per anni attraverso il suo lavoro ha provato a far luce sulle attività del clan Spada. Lo stesso che ieri in una sentenza è stato definito come “associazione per delinquere di stampo mafioso”. Sono nomi scelti nelle scuole, attraverso incontri tra docenti, studenti e associazioni del territorio, che però oggi non compaiono più lungo quella parete. Questi nomi, con le loro storie, sono stati oggetto di scontri politici che si sono conclusi con l’oscuramento degli stessi. “Federica Angeli non c’è più. Alla fine ho vinto io” ha scritto Luca Marsella di Casapound. Mentre l’amministrazione ha voluto giustificarsi parlando di “volti divisivi”.

Di diversa contestualizzazione, ma pur sempre offensivi della libertà di espressione, sono stati i fatti accaduti in provincia di Salerno, a Baronissi. Da anni il paese in estate, per alcuni giorni, si trasforma in un punto di riferimento per i writers italiani e internazionali che si riuniscono tra i vicoli della città per una jam session. L’evento è organizzato da un’associazione, gli Overline, che in accordo con il comune e con il patrocinio della provincia e della regione lascia agli artisti la libertà di esprimere la propria arte sulle mura della città. Un evento così bello e sentito dalla cittadina che il sindaco ha proposto di lasciare ai writers un intero quartiere da valorizzare attraverso l’arte. 

Tutto molto bello, finché non ci si è spostati dalle intenzioni ai fatti. Lo stesso sindaco, eletto un mese prima della manifestazione, che ha elargito lodi e promesse, ha fatto sì che uno dei murales dell’ultima edizione fosse oscurato. Un incredibile dietrofront frutto delle parole usate dal Rettore dell’università di Salerno, Aurelio Tommasetti, proprio nei confronti di uno specifico contributo artistico. L’opera oggetto del contenzioso è il disegno che raffigura l’evoluzione dell’uomo contemporaneo: da homo sapiens a homo “salvinus”, con su impresso la didascalia “49 milioni di anni”. Il tema dell’edizione è la preistoria, dunque l’attenzione alle radici e alle origini da cui scaturisce quella lunga catena di cause ed effetti che chiamiamo storia. Il processo di crescita e di modificazione del proprio sé è sempre stato insito nell’uomo. L’accostamento dei tre volti non è altro che la raffigurazione artistica di un’evoluzione, quella cui è andata incontro il genere umano, e che si conclude con un volto che senza equivoci richiama il capo politico della lega, Matteo Salvini. Il genere umano si è trasformato in Salvini, nei suoi messaggi di divisione sociale e nella perpetua ricerca di un eterno nemico. Fermo restando che l’interpretazione di un’opera è spesso libera, soprattutto per chi non è critico d’arte, non è difficile immaginare che il disegno raffiguri l’immagine plastica del consenso popolare della lega. Dove sono in tanti, tantissimi, a rivedersi in quel volto e in quelle parole.

Eppure qualcuno lo ha trovato offensivo. Forse qualcuno che ha guardato in modo erroneo l’accostamento dei volti, non cogliendo la funzionalità delle parti oggetto del disegno e non conoscendo il tema che contestualizza l’opera. “Rispetto istituzionale” sono state le parole che il Rettore ha utilizzato a difesa dell’onore dell’allora componente di governo. Un po’ strano: il Rettore non solo ha creato scompiglio, nell’ateneo in cui era stato chiamato a rappresentare l’imparzialità, a causa della sua candidatura per le elezioni europee ma ha anche solcato il palco su cui ha parlato Matteo Salvini quando è giunto a Salerno, ridendo e applaudendo forte quando l’allora ministro degli interni ha sbeffeggiato Vincenzo De Luca. Il presidente di una Regione non è forse un’istituzione?

È chiaro che tutto l’accaduto sia frutto di un tornaconto politico personale: il sindaco non ha voluto fomentare il dibattito, il Rettore ha provato a difendere la sua fede. Tutto questo in barba a dei principi che loro, in quanto soggetti pubblici, dovrebbero conoscere, rispettare e difendere. Esattamente quanto accaduto ad Ostia e nelle varie città con gli striscioni. Ciò che accomuna questi episodi, e che forse spaventa di più, è che queste censure siano tutte frutto di volontà politica, avvenute per mezzo di un soggetto pubblico e politico. Proprio le persone che più dovrebbero essere attente a questi casi perché chiamati a rispettare e difendere la democrazia si comportano come dei poliziotti chiamati a gestire l’ordine piuttosto che amministratori ad ascoltare i propri cittadini. E su questo punto la politica sembra essere stranamente unita senza fazioni di divisioni: lega, PD, Movimento5stelle, ossia le forze politiche più rappresentative del paese che sono andate e sono al governo, si sono comportate allo stesso modo. Ciò spaventa perché ci proietta in un paese vulnerabile, con politici un po’ troppo attenti a mantenere basso e poco visibile il dissenso nei loro riguardi. E allo stesso tempo carica la società civile di un nuovo e importante impegno: continuare a dissentire e a manifestare liberamente i propri pensieri prima che qualcuno inizi a credere che censurare sia normale.

La Redazione