Agritessuti: la moda sostenibile delle donne italiane

Agritessuti: la moda sostenibile delle donne italiane

4 Ottobre 2019

L’aria di cambiamento nel mondo della moda cominciava a tirare forte già da qualche mese. Il Fashion Pact presentato al G7 alla fine del mese di Agosto – patto siglato da 32 aziende del settore per la difesa dell’ambiente- ne è la prova. La realtà sembra volersi adattare in maniera dirompente all’ondata green che in questi giorni sta nuovamente attraversando il mondo, e se l’industria tessile (la cui maggioranza dei prodotti appartengono alla sfera della desiderabilità e dell’estetica) decide finalmente di abbracciare l’ecosostenibilità, tutte le abitudini riguardanti l’economia e gli acquisti potrebbero realmente subire cospicui cambiamenti.

In Italia, negli ultimi due anni, la domanda di capi sostenibili è cresciuta del 78% e oggi il 55% degli utenti è disposto a pagare di più per capi d’abbigliamento ecofriendly. Il nostro paese non è assente dal Fashion Pact, e si presenta al G7 con nomi altisonanti quali Prada, Ferragamo, Armani. In questo contesto circondato da grandi firme, si inserisce perfettamente il nuovo marchio ecologico “Agritessuti” di Donne in campo, associazione femminile di Cia Agricoltori Italiani. Il Collettivo ha infatti di recente organizzato a Roma una sfilata cento per cento ecologica durante l’evento “Paesaggi da indossare – le donne in campo coltivano la moda”, i cui tessuti usati per la confezione di abiti da sera prêt-à-porter ispirati al mondo dell’agricoltura (stoffe coloratissime con ortaggi, foglie, fiori e radici), sono stati realizzati con materiali naturali e bio come canapa, lino e gelso da seta, arricchiti con tinte interamente composte da scarti agricoli. Una scelta dettata da due fattori che si sono rivelati decisivi per l’Associazione nel voler intraprendere una strada alternativa. Da un lato, l’industria tessile rivela essere la seconda più inquinante al mondo, responsabile di un enorme spreco di risorse idriche e di grosse emissioni di anidride carbonica. Produrre una maglietta, significa sprecare 2700 litri d’acqua, un jeans 10.000. Dall’altro, il marchio Agritessuti è un vero e proprio trampolino di lancio verso un futuro estremamente roseo dal punto di vista economico.

Secondo alcune indagini di Cia Agricoltori Italiani, la produzione dei materiali usati dal marchio coinvolgono 2000 aziende agricole in Italia per un fatturato pari a circa 30 milioni di euro. Incrementando ancora di più la filiera Agritessuti, la cifra potrebbe triplicare nel prossimo triennio. «È una filiera tutta da costruire, ma di cui abbiamo il know-how, considerata la vicinanza tra le donne e la tradizione tessile, nella storia e ancora oggi» sottolinea la presidente nazionale di Donne in Campo-Cia Pina Terenzi. «Per questo ribadiamo la necessità di dare vita a tavoli di filiera dedicati, al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a sostegno della produzione di fibre naturali, a cui andrà affiancata la creazione di impianti di trasformazione – diffusi sul territorio e in particolare nelle aree interne – per mettere a disposizione dell’industria e dell’artigianato un prodotto di qualità, certificato, tracciato e sostenibile».

Maria Vittoria Santoro