Fuori sede: abitare è un diritto

Fuori sede: abitare è un diritto

28 Maggio 2023

Il 24 maggio si è tenuta in aula Saturno (edificio D2) dell’Università degli Studi di Salerno l’assemblea aperta organizzata dall’associazione studentesca Link Fisciano per affrontare il tema del caro affitto denunciato dai fuori sede e tornato in auge nell’ultimo periodo in Italia.

Fin da subito è stato evidenziato come non si potesse affrontare il tema fuori sede svincolandolo da tutto ciò a cui è collegato: il bando per l’assegnazione delle residenze, quello per l’attribuzione delle borse di studio, i trasporti e la fruibilità del materiale didattico sono tutti argomenti che rientrano nel più ampio tema del diritto allo studio.

Nel corso della discussione aperta sono state evidenziate problematiche ed inefficienze da tempo denunciate dalla classe studentesca. Una di queste è la stessa definizione di studente/studentessa fuori sede: spesso non lo è solo chi decide di intraprendere un percorso di studio in una Regione diversa da quella di appartenenza, ma anche chi preferisce trasferirsi nelle residenze universitarie, o in alternativa cercare una stanza in affitto nei pressi della città, pur vivendo in paesi limitrofi. Ad avallare questa scelta spesso è la carenza di corse disponibili di collegamento tra paese e università e il numero prolungato di ore da trascorrere a bordo dei pullman. Nel nostro caso, in Campania, è attivo l’abbonamento gratuito promosso dalla Regione e cofinanziata dal FSC (Fondo per lo sviluppo e la coesione) che però prevede, come requisito, il limite d’età dei 26 anni che implicitamente invita gli studenti e le studentesse a concludere entro i 26 anni (triennale e magistrale) il proprio percorso di studio.

Il momento di confronto organizzato all’Università degli Studi di Salerno prende spunto dalla mobilitazione indetta a livello nazionale dagli studenti e dalle studentesse di diverse università italiane. Con una tenda posta su un piazzale dell’Università di Milano ha avuto inizio una manifestazione che ad oggi non si è arrestata. Lo scopo era quello di denunciare l’impossibilità di vivere a Milano con un affitto di mercato intorno agli 800 euro e una carenza degli alloggi pubblici universitari. La manifestazione si è propagandata a macchia d’olio fino a diventare una mobilitazione generale attraverso cui si è cercato, e si sta cercando, di porre i riflettori sulle condizioni negative in cui versano gli studenti e le studentesse fuori sede. Fondamentale resta la necessità di investire in alloggi universitari pubblici, nell’inserimento di un tetto massimo all’aumento degli affitti e nel contrasto alla locazione in nero. I dati sono allarmanti: su 830 mila studenti fuori sede soltanto 40mila dispongono di posti letto in residenze pubbliche.

Il diritto ad abitare è diritto a studiare. Non tutte le università dispongono della stessa offerta formativa e gli studenti e le studentesse che intendono affrontare un percorso di studio universitario devono poter scegliere liberamente il proprio percorso e il luogo in cui svolgerlo, senza essere condizionati negativamente dalle possibilità economiche. La retorica per cui si vuole andare a studiare fuori solo per assecondare desideri effimeri personali è del tutto inadeguata. Studiare è un’esperienza formativa che si svolge non soltanto durante le lezioni in aula, ma in tutta l’università e anche nella città stessa in cui l’università è posta. Tentare di dislocare l’associazione università-città non è utile, né per chi vuole studiare, né per le università che intendono offrire formazione, né per le città che si privano di un patrimonio culturale. Essere un fuori sede in un’università distante dall’ambiente cittadino può creare disagio nella vita ordinaria dello studente che finirebbe, così, per sentirsi escluso e isolato. Pertanto, le valutazioni che fanno gli studenti e le studentesse non solo su cosa studiare, ma anche su dove, sono più che legittime e non dovrebbero essere condizionate dalla posizione economica familiare in cui ci si trova.

È importante, inoltre, aggiungere che i fuori sede affrontano con difficoltà anche l’esercizio del proprio diritto al voto. Secondo la normativa attuale, infatti, i fuori sede sono costretti a tornare nel proprio comune di residenza per votare e questo impone loro di affrontare un viaggio, e le relative spese, che non sempre possono permettersi. Il diritto al voto dovrebbe essere sempre libero e accessibile ma, in questo modo, è posto in condizione: chi può permettersi di tornare a casa, vota. Gli altri e le altre no.

È chiaro, quindi, che la condizione in cui versano i fuori sede richiede urgenti interventi su tutti i fronti che possa permettere loro di affrontare gli studi con serenità e dedizione senza dover, di tanto in tanto, scegliere se continuare a studiare fuori con sacrificio o rinunciare al proprio percorso formativo ideale per necessità economiche. Un diritto allo studio libero e universale non permetterebbe neanche che questa domanda fosse posta.