Dottorandi e specializzandi: l’altro CNSU

Dottorandi e specializzandi: l’altro CNSU

12 Maggio 2019

Il giorno 14 e 15 Maggio gli studenti  regolarmente iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale non saranno gli unici a varcare le porte delle sedi elettorali per esprimere la propria preferenza sui futuri componenti del CNSU. Ci saranno anche dottorandi e specializzandi che sceglieranno, tra i loro colleghi, i portavoce delle loro istanze. Il voto sarà espresso su scala nazionale e indipendentemente da chi riuscirà ad ottenere più consensi le difficoltà a cui far fronte saranno molteplici per ridare equilibrio ad entrambi i settori.

Il dottorato di ricerca in Italia rappresenta lo step immediatamente successivo al conseguimento della laurea per gli studenti che desiderano continuare ad approfondire una branca del sapere collegata al corso di laurea per il quale si sono laureati. Ma le cose non sono così semplici. Requisiti, tempi e modalità di concorso sono individuati a discrezione delle università. Il rapporto OCSE 2018 ha rivelato che l’Italia investe in istruzione e ricerca il 28% in meno rispetto agli altri paesi e questo lascia figurare bene lo scarso interesse statale verso l’erogazione di borse di studio e agevolazioni economiche nei riguardi dei dottorandi. Ad oggi i contribuiti equivalgono infatti a poco più di mille euro, una somma piuttosto bassa visto l’esigente impegno e presenza che viene chiesta alla figura. Un importante passo in avanti, da questo punto di vista, ha rappresentato l’iniziativa della Regione Campania che ha scelto di estendere le agevolazioni economiche relative ai trasporti destinate agli studenti anche ai dottorandi. In questo modo è finalmente emerso il riconoscimento, sebbene non esaustivo, della figura e la possibilità per questi di essere tutelati in quanto parte essenziale dell’impianto accademico nazionale. Ma la strada, per un pieno riconoscimento, è ancora lunga: superamento del dottorato senza borsa, trasformazione del dottorato in contratto di formazione-lavoro con conseguenza ridefinizione della figura in ricercatore in formazione sono solo alcune delle istanze che i dottorandi continuano a chiedere e a cui si dovrà far fronte per attribuire finalmente il giusto peso al più alto grado di formazione accademica.

L’altra strada in cui ci si può imbattere una volta giunti al bivio del post-laurea è rappresentato dalle Scuole di Specializzazione con la differenza che queste sono state pensate per garantire un’alta formazione specialistica idonea a garantire la migliore preparazione per la professione che si intende esercitare. Al momento sono costruite per l’area sanitaria, veterinaria, beni culturali, psicologica e a quella legale. Nel primo caso la cronaca nazionale ha dato spesso risalto al paradosso tutto italiano del sistema sanitario che attualmente dichiara di aver bisogno di medici e personale qualificato ma allo stesso tempo organizza un numero di contratti ministeriali non idoneo per colmare il vuoto né per garantire a tutti gli specializzandi la possibilità di continuare il loro percorso. Viene definita formazione a imbuto perché, man mano che si avvicina al mondo del lavoro, questa si restringe sempre di più finendo con il lasciare inesorabilmente qualcuno indietro. Soltanto l’anno scorso i contratti ministeriale offerti sono stati di 6.934 unità a fronte dei 16.046 candidati. Oltre alle difficoltà legate all’organizzazione e ai costi che possono richiedere le scuole di specializzazione resta intatto il problema dell’inserimento del mondo del lavoro che il più delle volte non viene garantito. Come nel caso del corso di laurea in beni culturali che ha visto un forte calo di immatricolazioni perché la sua figura professionale non è stata ancora adeguatamente valorizzata, e a cui invece vengono offerti soltanto pochi posti di lavoro e con una retribuzione minima, nonostante rappresenti la custode di una delle nostre più importanti risorse.

Le difficoltà relative al dottorato di ricerca e alla specializzazione post-laurea si inseriscono all’interno di un sistema accademico che non riesce più a garantire certezze lavorative e piena accessibilità ai suoi saperi. I costi richiesti per eseguire i percorsi e un mondo del lavoro stagnante finiscono per aver ripercussioni importanti sulle scelte degli studenti che si accingono alla conclusione della prima fase del percorso accademico. Le soluzioni che si dovranno cercare, pertanto, saranno da ritrovarsi all’interno di un nuovo contesto formativo  cui il futuro Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari dovrà saper dar vita.