Contestazioni in Senato Accademico: la seduta del 7 maggio

Contestazioni in Senato Accademico: la seduta del 7 maggio

22 Maggio 2019

Il verbale del Senato Accademico dell’Università di Salerno, relativo alla seduta del 7 Maggio 2019, sarà probabilmente oggetto di memoria futura per il suo insolito contenuto. Tra le ultime pagine, a dar corpo al punto che solitamente chiude l’elenco degli ordini del giorno, ci sarà la trascrizione dell’intervento di un gruppo di studenti e studentesse che ha varcato le porte della struttura accademica, interrompendo la seduta, col fine di invitare i presenti ad assumere una posizione chiara rispetto alla decisione del Rettore, Aurelio Tommasetti, di concorrere alle elezioni europee senza abbandonare la carica istituzionale interna all’ateneo salernitano.

Il momento di contestazione, organizzato dall’associazione studentesca Link Fisciano e aperto a tutti i soggetti accademici, ha avuto inizio nei pressi del Rettorato dove i presenti si sono alternati nella condivisione di singoli interventi volti a sottolineare le ragioni dell’azione. Il presidio si è poi spostato verso i piani alti, di fronte la sala Roberto Racinaro, sede del Senato Accademico, che sin dall’inizio ha mostrato un certo ostruzionismo nei confronti dei manifestanti. Appena varcata la porta, infatti, gli studenti si sono imbattuti nella presenza di un ispettore di polizia che ha più volte intimato loro di uscire dalla sala perché, come lui stesso ha sottolineato, “si va nel penale”. Ma loro non hanno battuto ciglio e in piedi, con striscione tra le mani, hanno continuato a ripetere di voler trovare uno spazio in quella seduta, di voler manifestare il proprio dissenso nei confronti della decisione del Rettore, di ricordare ai membri dell’organo che l’università, in quanto struttura volta alla formazione di persone con idee politiche diverse, non può associare il suo nome ad uno specifico partito politico. Nella confusione generatasi, poi, si fa strada la voce di un componente del Consiglio, quella del Pro-Rettore, che accetta di concedere loro lo spazio richiesto, di farli liberamente intervenire, a patto che lo facciano dopo e a seduta conclusa. Gli studenti però non retrocedono: non vogliono un incontro privato con alcuni di loro, vogliono essere parte integrante della seduta e che il loro intervento compaia nel verbale. A questo punto il Pro-Rettore, infastidito dalla situazione, sceglie di sospendere la seduta: tutti i membri dell’organo si alzano e sono pronti ad andare via. Ma lui li ferma. Usciti i manifestanti, le porte si chiudono di nuovo ed escono da lì solo il Pro-Rettore e l’Ispettore che ritrattano: la seduta non è sciolta, il Senato Accademico svolgerà il suo Consiglio e una volta terminata la discussione sugli ordini del giorno gli studenti saranno ricevuti. Questi allora accettano. Si siedono in cerchio, a terra, e aspettano. Passano circa due ore e alla fine le porte si aprono un’altra volta. Ma ora per ascoltarli.

Le motivazioni portate avanti dai fautori della protesta sono molteplici: Tommasetti ha deliberatamente associato il nome di questo ateneo ad un partito durante il normale svolgimento delle attività accademiche, partito i cui ideali politici sono platealmente incompatibili con l’idea di università che Link Fisciano promuove: un luogo che forma persone, che educa alla diversità, all’alterità, alla condivisione, al riconoscimento di tutte le componenti che lo costituiscono. Gli studenti però specificano che non condannano la scelta personale del Rettore, ma il fatto che questa derivi da chi dovrebbe essere garante di un’intera istituzione pubblica, laica ed apertamente apartitica. “Chi professa politiche anti-meridionaliste, chi identifica nei migranti un problema alimentando l’odio di razza va nettamente in contrasto con i principi intrinsechi ad ogni comunità accademica che si rispetti” chiariscono, e poi aggiungono che la volontà di palesare tutto questo al Senato deriva da due importanti fattori. Il primo è quello di considerare l’organo come la struttura di massima garanzia dell’intera comunità accademica, l’unica in grado di sollecitare adeguatamente il Rettore. Il secondo è di non esser riusciti a portare l’istanza all’interno del Consiglio degli Studenti, ma di aver avuto solo modo di stilare un documento firmato dall’associazione studentesca Studenti Medicina Salerno, Globuli Rossi e Luca Esposito (rappresentante degli studenti in Cda) e presentato, nella stessa seduta, dal rappresentante in Senato Davide Masella. La contestazione infatti nasce anche dall’impossibilità per l’associazione di trovare un canale ufficiale e formale tramite il quale confrontarsi con l’organo. Sebbene infatti ci fosse un rappresentante degli studenti in Senato pronto a dar voce all’istanza, l’organo probabilmente non gli avrebbe dato l’adeguata attenzione. Questo perché la struttura dell’organo prevede che i rappresentanti degli studenti non possano presentare ordini del giorno, potendo invece solo intervenire a mo’ di nota che, non essendo un ordine del giorno, non permette a questa di essere discussa all’interno dell’organo e quindi di produrre i suoi consueti effetti.

In seguito all’intervento di Link Fisciano è subentrato un solo rappresentante degli studenti, Davide Masella, sui quattro presenti, che si è espresso non solo sottolineando la posizione della sua associazione, dell’importanza per l’università di restare imparziale ma anche chiarendo un limite fisico stesso della candidatura del Rettore: la sua impossibilità ad essere presente alle riunioni perché intento a compiere altrove la propria campagna elettorale. Non a caso, il Rettore era assente. Così come all’ultimo Consiglio d’Amministrazione. Una considerazione, quindi, non solo politica ma anche tecnica esplicativa di un messaggio chiaro: non deve essere l’università e la funzionalità dei suoi organi a risentire della decisione personale del Rettore Aurelio Tommasetti.

Questi i fatti e le considerazioni che il 7 Maggio sono emerse all’Università di Salerno e che hanno toccato, a vario titolo, diversi soggetti interni all’ateneo salernitano. Qualcuno avrà sicuramente già presentato le proprie obiezioni, etichettando l’episodio come assenza di rispetto istituzionale, facendo presenti questioni formali e burocratiche. Tutto, probabilmente, più che legittimo. È anche vero però che trattazioni di questo tipo possono rivelarsi insufficienti per attribuire il giusto peso a quanto accaduto scivolando in secondo piano rispetto ad altre più concrete e vicine ai soggetti protagonisti. Provando per un attimo a svincolarci dalla notizia che Aurelio Tommasetti, Rettore dell’ateneo salernitano, abbia scelto di candidarsi con la Lega alle imminenti elezioni europee senza lasciare il suo incarico istituzionale interno; cosa è realmente accaduto quel giorno? Che un gruppo di studenti e studentesse, ma più in generale di soggetti accademici, abbia fisicamente varcato le porte del più alto organo istituzionale dell’ateneo per una ragione ben precisa: voler essere ascoltati. Una decisione che è stata presa solo dopo aver tentato di parlarne in Consiglio degli Studenti e solo dopo aver appreso che il Senato Accademico non riconosce ai rappresentanti degli studenti la possibilità di prendere iniziative in merito ai punti da discutere nell’organo. Soggetti che non hanno indietreggiato di fronte alla ripetuta considerazione del “si va nel penale”, che non hanno lasciato la sala neanche quando si trattava di aspettare per un indefinito periodo di tempo nonostante (lo ricordiamo nel caso a qualcuno sfuggisse che parliamo di studenti) l’ultimo pullman fosse alle 18:00. E che alla fine ciò che hanno fatto è solo aver parlato. Solo aver fatto presente la propria posizione e le proprie preoccupazioni. Diciamo sempre che l’odierna società si sofferma troppo sui social, dove scrive e pesa le parole solo in virtù dei possibili like, che sono ben altre le azioni che potrebbero permettere di cambiare qualcosa. E ora che accade qui, davanti a noi, all’Università di Salerno, in che modo reagiamo? Ci aggrappiamo ad un discorso sulla formalità dimenticando che la politica, per definizione, è tale solo se mette continuamente in discussione i contenuti delle regole che ci circondano?

Quando l’associazione studentesca e il rappresentante in Senato Accademico, firmatario della nota studenti, concludono il loro intervento, nessuno tra i componenti dell’organo interviene. Non si sente nulla, eccetto per il frastuono delle ventinove sedie che graffiano sul pavimento. Hanno ascoltato e sono andati via. E gli studenti che ormai erano riusciti ad entrare, a parlare, a farsi notare, silenziosamente escono anche loro. Un po’ tristi, forse amareggiati. Pensavano di avercela fatta, di esser riusciti a creare una fessura che potesse fungere da nuovo canale di comunicazione diretto tra studenti e organi istituzionali. Alle voci già menzionate si aggiunge solo quella del Pro-Rettore che ribadisce loro l’attenzione del Senato a tenere distante l’università dai contesti politici. Non c’è però nessun docente ad intervenire, ad aggiungersi alle opinioni già espresse. Così escono tutti e gli studenti vengono raggiunti dall’Ispettore di Polizia, quello che solo qualche ora prima sollecitava il loro allontanamento dall’aula, che si complimenta. Sferra un secco “bravi“. A cui, sappiamo, se ne sono aggiunti altri. E allora forse quella giornata merita un altro epilogo: non quello dell’assenza di volontà di ascoltare, non quello di scontri dialettici, ma quello di una, sebbene piccola, apertura al dialogo.