2019: il mondo è ancora omofobo

2019: il mondo è ancora omofobo

12 Luglio 2019

Ad oggi, nel 2019, essere sé stessi e non vergognarsi del proprio orientamento sessuale è ancora impossibile in molti paesi del mondo. Sono tanti (circa 69) i paesi in cui l’omosessualità è considerato un reato punibile con il carcere, la lapidazione o – nel peggiore dei casi – la morte. Ma queste persone credono davvero che amare intensamente qualcuno del proprio stesso sesso sia un reato? Purtroppo, sì: sono soprattutto gli africani a ritenere che l’omosessualità sia “contro natura”, infatti – secondo un recente sondaggio – il 96% degli africani è fortemente convinto che la legge sia giusta e che l’omosessualità sia un reato gravissimo da punire severamente.

In Marocco prendono provvedimenti con una reclusione da 6 mesi a tre anni, in Camerun questo “reato” è punibile con una multa o con una condanna a un massimo di cinque anni di prigione, in Burundi la legge punisce qualsiasi attività omosessuale con una pena tra i due mesi e i tre anni di detenzione, in Nigeria basta essere sostenitori di associazioni gay per finire in carcere.  

In molti paesi islamici la situazione non è differente: l’omosessualità è punibile anche con la morte, basti pensare anche a paesi considerati ormai evoluti come gli Emirati Arabi. In Arabia Saudita, invece, prima di essere condannati a morte si subisce l’amputazione di parti anatomiche, la lapidazione e l’internamento in cliniche psichiatriche. La pena di morte è prevista anche in Afghanistan, Mauritania, Pakistan, Yemen. In Iran, dove l’omosessualità è punibile con la pena di morte già da tantissimo tempo, l’omosessualità viene persino definita come “una malattia che deve essere curata” e la situazione generale del Medio Oriente non è molto diversa da quella dell’Iran.  

Recentemente ci sono state delle grandissime svolte positive da questo punto di vista: il Taiwan ha legalizzato i matrimoni gay, andando contro al pensiero omofobico radicato nella mentalità asiatica. L’isola, così, è diventata il primo Paese in Asia a consentire alle coppie omosessuali di sposarsi, un grande merito ed un grande esempio da seguire. La legge da poco approvata non riconosce, però, alle coppie omosessuali la piena possibilità di adozione, anche se è previsto il diritto di uno dei partner di adottare i figli naturali dell’altro. Da pochissimo tempo, anche in Botswana essere gay non è più un reato: la Corte Suprema del paese africano ha dichiarato incostituzionali due sezioni del codice penale che punivano con sette anni di carcere qualsiasi “conoscenza carnale con un’altra persona contro l’ordine della natura” e con due anni “atti indecenti” in luogo pubblico e privato. Nella sentenza si legge che l’orientamento sessuale non è dettato dalla moda ma è qualcosa di innato e la società non dovrebbe occuparsi degli atti privati tra due adulti consenzienti, perché punire queste persone in base alla loro identità sessuale è irrispettoso e discriminatorio. Amnesty International, con il cuore pieno di speranza, ha lanciato un appello a tutti i paesi dell’Africa che ancora criminalizzano l’omosessualità a seguire l’esempio del Botswana. Purtroppo, quello dell’Africa è uno scenario ancora troppo crudele: al di là delle gravissime violenze fisiche, moltissimi gay vengono incarcerati e condannati ogni giorno anche per cose banali come ricevere un messaggio di testo da un altro uomo ritenuto gay. In questo scenario fa eccezione l’Angola che, oltre ad aver depenalizzato le relazioni gay, ha anche approvato delle leggi per evitare che i membri della comunità LGBT vengano discriminati sulla base del loro orientamento sessuale.

Infine, in Russia, già da tempo si cerca di lottare strenuamente affinché l’omosessualità venga riconosciuta e rispettata, ma la violenza contro le persone LGBT è in aumento e le proteste sono ancora all’ordine del giorno. Sanzioni penali sono previste anche in Senegal, a Singapore, in Somalia, in Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan, Zambia e Zimbabwe.

La speranza di rendere il mondo migliore, basato sulla tolleranza e sull’apertura mentale, non muore mai. Il cambiamento dovrebbe partire da tutti, affinché il mondo diventi un posto in cui le persone possano essere finalmente sé stesse, sentirsi a proprio agio e non nascondersi più: essere, cioè, libere.

Michela Monaco