La libertà è soltanto uno slogan

La libertà è soltanto uno slogan

23 Febbraio 2023

L’intento espresso in questo articolo è quello di dimostrare che la libertà non esiste né in Italia né nel mondo, con un’attenzione particolare al contesto nazionale. La libertà è soltanto uno slogan, utilizzato da tutti noi e soprattutto dai politici. La libertà non esiste nel mondo: se uno di noi domani si denudasse per strada, tutti giudicheremmo male quel gesto pensando sia folle, ritenendo che ciò non debba e non possa essere fatto. 

Un altro esempio da tenere in considerazione potrebbe essere l’esercizio dell’amore libero e poligamo. In molti paesi del mondo è vietato, in altri è lecito, ma anche in questa circostanza viene giudicato negativamente dalla società che ancora una volta diventa moralizzatrice e normativa. Sebbene in linea di massima non esistano leggi che normano gesti definiti folli dalla morale comune, la società osserva l’obbligo di rispettare tale norma sociale, che esercita una forte pressione sulla comunità.  

La libertà è un ente inconsistente, per la grammatica italiana è un nome astratto. L’unica libertà reale è nella fantasia della mente, nonostante anch’essa, in alcuni casi, possa essere normata dalla società. In natura l’unica fantasia che esercita liberamente è quella dei bambini che ancora non conoscono le norme sociali, essi possono dirsi liberi. Nella tragedia greca Ecuba c’è una frase che recita: “Non esiste un uomo libero, si è schiavi del denaro o del destino, della folla o della legge, tutte barriere all’agire secondo le proprie convinzioni“. Esistono dunque leggi morali e dello Stato che normano la vita umana e impediscono che questa sia libera. Lo Stato però ha necessariamente bisogno di queste leggi perché sono esse indispensabili per la propria sopravvivenza. 

Per quanto riguarda il quadro nazionale, sono svariati i contesti in cui è presente una mancanza di libertà.

Mancanza di libertà di stampa: stando al rapporto del 2022 del World Press Freedom Index, l’Italia è al 58° posto per la libertà di stampa a causa dei molti giornalisti minacciati o sotto scorta e dello stallo in cui versano le proposte di legge di tutela del diritto di cronaca e della professione oltre che alla mancata cancellazione della pena detentiva per i giornalisti. L’Italia è stata superata anche da Gambia e Suriname. Molti giornalisti italiani tendono ad autocensurarsi per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, per evitare querele e per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata. L’ultimo posto spetta invece alla Corea del Nord, preceduta da Eritrea e Iran. La Russia si piazza al 155esimo posto su 180, alla Norvegia il primo posto. 

Mancanza di libertà di abortire: la legge 194 depenalizza e disciplina le modalità di accesso all’aborto. Grazie a questa legge, tutte le donne possono ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione; dopo il quarto mese è possibile procedere all’aborto solo per motivi di natura terapeutica, ovvero nel caso in cui portare avanti la gravidanza significhi mettere a repentaglio la vita della madre. Secondo la Fondazione Veronesi, nel 2020 il tasso di aborto per le minorenni è pari al 2,4% di tutte le IVG (Interruzioni Volontarie di Gravidanza), mentre tra i 25-34 anni d’età il tasso dell’aborto è il più elevato (18,2%) maggiore nelle donne straniere.

Nel 2022 in Italia 31 strutture su 180 non permettono l’interruzione volontaria di gravidanza perché il 100% del personale sanitario coinvolto è obiettore di coscienza, in altre 20 è il 90% ad essere obiettore, in 30 l’80%, rendendo inefficiente il servizio in caso di assenza di una minoranza di personale non obiettore in caso di necessità.  Sono 11 le regioni in cui c’è almeno un ospedale con il 100% di obiettori: Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto (i dati raccolti sono della fondazione Luca Coscioni) con un picco del 96% in regioni come il Molise. La pillola RU486  viene usata solo nel 20% dei casi contro il 90% di altri stati europei.  In Umbria non è più possibile assumerla in Day Hospital. A 44 anni dalla promulgazione della legge sull’aborto, la donna è ancora sottoposta alla volontà altrui per poter praticare un suo diritto. A minare la libertà femminile non c’è solo il personale sanitario. 

Le associazioni pro-vita hanno un peso decisamente alto per un Paese che si definisce laico da più di trent’anni. Le recenti dichiarazioni della Ministra per la natalità e la famiglia Eugenia Roccella che, pur dichiarandosi femminista, ritiene che l’aborto sia oggi “un diritto purtroppo” hanno riacceso il dibbattito sul tema. Vari sono stati i tentativi di questo governo di affidare la capacità giuridica a ogni essere umano, anche al feto. La presidente Giorgia Meloni ha dichiarato più volte di non voler cancellare o modificare la legge, ma solo far sì che possa essere attuata e garantire alla madri la possibilità di non abortire offrendo sostegni economici. Oggi in Italia, e purtroppo non solo qui, il diritto all’aborto è ancora a discrezione di qualcun altro. 

Mancanza di libertà di eutanasia: grazie alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, in Italia è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito, ossia l’aiuto indiretto a morire da parte di un medico. Le condizioni richieste sono quattro: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche, e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. 

Attualmente in Italia l’eutanasia costituisce reato e rientra nelle ipotesi previste e punite dall’articolo 579 (Omicidio del consenziente) o dall’articolo 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) del Codice Penale. Un paese che si dice laico, può dirsi realemente laico e soprattutto libero, sebbene ancora oggi non sia accettata l’eutanasia? Il suicidio medicalmente assistito  e la sospensione delle cure costituiscono invece in determinati casi un diritto inviolabile in base all’articolo 32 della Costituzione e alla legge 219/2017. 

Per un accesso libero alla possibilità di praticare eutanasia e suicidio assistito, è possibile redigere il proprio biotestamento, diventato recentemente una norma giuridica, che garantisce a tutti di indicare liberamente quali trattamenti sanitari si è disposti a ricevere e a quali, invece, si preferisce rinunciare. Solo lo 0,4% dei maggiorenni, a 5 anni dall’entrata in vigore della legge, ha scritto il proprio testamento biologico, anche a causa di una non capillare campagna d’informazione e all’influenza di norme sociali e religiose. 

Mancanza di libertà nella legalizzazione cannabis: nel 2022 Emma Bonino ha dichiarato al Corriere della Sera che la legalizzazione della cannabis porterebbe 7 miliardi nelle casse dello Stato. Stando all’inchiesta condotta da Ferdinando Ofria e Piero David su Pagella Politica, ciò sarebbe vero: i risparmi per lo Stato ricavabili dalla riduzione della spesa annua per i detenuti e per le operazioni di ordine pubblico e sicurezza, e dalle entrate legate alla vendita legale di cannabis sarebbero all’incirca di 7,4 miliardi di euro all’anno. 

Ofria e David, aggiornando la ricerca al 2021, ritengono che il risparmio per lo Stato sarebbe all’incirca di 600 milioni di euro. Con una legalizzazione della cannabis e l’imposta di un’aliquota (come si usa fare ora con le sigarette) lo Stato potrebbe incassare ben 8,7 milioni di euro. Può dirsi libero uno Stato che ha paura di legalizzare le droghe dando questo vantaggio alle associazioni criminali? Infatti stando al rapporto del Dipartimento Politiche Antidroga, nel 2021 il mercato della droga ha generato attività economiche per un totale di 16,2 miliardi.

Mancanza di libertà diritti civili: nel 1889, con il codice Zanardelli, i rapporti omosessuali diventano legali in Italia, quando non connotati da violenza o da pubblico scandalo. Nel 2016 con la legge Cirinnà è legalizzato il matrimonio con rito civile ma non l’adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali. Nonostante i passi avanti compiuti dalla rappresentanza politica, la condanna da parte della Chiesa ha contribuito alla perpetuazione dello stigma di cui la comunità LGBTQIA+ italiana ancora risente. Secondo il report 2020 (Ilga) tra discriminazioni e nuovi diritti, l’Italia si classifica 35esima su 49 paesi Europei presi in considerazione in merito ai diritti delle persone LGBTQIA+. I diritti delle persone omosessuali in Italia sono meno tutelati rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale.

Anche se le discriminazioni in ambito lavorativo basate sull’orientamento sessuale siano vietate dal 2003, in attuazione di una direttiva dell’Unione europea, nessun’altra legge nazionale contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale o l’identità di genere è stata al momento introdotta ampliando il divieto di discriminazione negli altri settori. Il Parlamento Europeo chiede all’Italia di colmare questo vuoto legislativo dal 2006.

Nonostante ancora una volta l’Italia si professi come uno Stato libero e laico, sembra essere tutt’altro che questo. L’influenza del mondo cristiano e del Vaticano dirigono l’azione di governo, in molte materie politiche. Secondo dati Istat del 2020-21, sono oltre 20 mila, pari al 95,2% del totale, le persone in unione civile o già in unione che vivono in Italia e dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale. Il 26% della comunità dichiara che il proprio orientamento ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati,  mentre 40,3% preferisce non divulgare il proprio orientamento sessuale a lavoro proprio per evitare situazioni spiacevoli.

 Inoltre circa sei persone su dieci hanno sperimentato almeno una micro-aggressione sul posto di lavoro, a scuola o all’università. La motivazione più diffusa è “aver sentito qualcuno definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica, è da gay o simili”. Il 38,2% delle persone dello stesso sesso unite civilmente e che vivono abitualmente in Italia, dichiara di aver subito, per motivi legati al proprio orientamento sessuale, almeno un episodio di discriminazione in altri contesti di vita. Oltre il 68,2% ha dichiarato di evitare di tenere per mano in pubblico un partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. Il 52,7% dichiara di non rendere noto il proprio orientamento sessuale per evitare conseguenze.

Lo scalpore suscitato dal bacio tra il cantante Fedez e Rosa Chemical a Sanremo, soprattutto tra gli esponenti della destra italiana, impegnata a causa dell’evento nella convocazione di un nuovo Cda della Rai e un nuovo Ad per la Rai è un’ulteriore prova a sostegno della tesi di questo articolo: la libertà in Italia non esiste. Accogliere con leggerezza un bacio tra due persone, avvenuto senza alcun impedimento legale o di sorta, sarebbe stato del tutto normale. Nonostante ciò, una legge invisibile morale/civile riesce a normativizzare ogni cosa. La componente sociale talvolta è più forte di quella statale perché isola, emargina e giudica più della prima. 

 

Davide Della Guardia