La sera del 26 maggio, Martina Carbonaro era scomparsa. Dopo numerose ricerche il corpo è stato trovato nell’abitazione del custode di uno stadio, ad Afragola, all’interno di un mobile, sotto un materasso. Alle ricerche partecipa anche il femminicida Alessio Tucci, ex fidanzato della vittima, giovane come Carbonaro (lui 18, lei 14 anni), che confessa il movente del femminicidio: non ha accettato di essere stato lasciato dalla sua fidanzata. La vittima del femminicidio è stata uccisa con una pietra. Questa è la cronaca, cruda, asciutta, dei fatti, che rimbalzano di testata in testata, senza soluzione di continuità, provocando uno stupore immotivato, probabilmente costruito ad hoc per nascondere quel sentore di prevedibilità nelle notizie apprese. Il risultato dell’onda di protesta provocata dal femminicidio di Giulia Cecchetin, delle canzoni di battaglia, della parola patriarcato, è ancora un femminicidio di una donna estremamente giovane, per mano di un uomo estremamente giovane che non ha accettato il suo rifiuto. Nulla di inaspettato. Una scontatezza tetra.
Il femminicidio compiuto da uomini molto giovani è in costante aumento. Più che l’atto in sé, è in aumento la cultura della mascolinità, dello stupro e del femminicidio tra maschi adolescenti e giovani adulti. La popolarità della serie Adolescence distribuita da Netflix ha fornito al grande pubblico nozioni più precise sulla diffusione del fenomeno. Non ha però diffuso consapevolezza sul tema a causa della difficoltà di accettazione, da parte della comunità, della possibilità che la colpa degli avvenimenti più recenti possa essere ricondotta ad un sistema educativo che riguarda la società intera, e non soltanto il singolo caso. Nonostante il fenomeno Adolescence, attraverso il racconto del dolore familiare, costringe lə spettatorə ad accettare il conflitto tra il disagio giovanile, il femminicidio compiuto da un tredicenne e le mancanze dei genitori incapaci di prevedere l’accaduto, l’adolescente problematico resta un topos della comunicazione odierna, un personaggio utile a suscitare emotività e a deresponsabilizzare chi legge dalle azioni del personaggio. Le testimonianze sul suo dolore successivo alla rottura, e poi successivo alla deposizione, lo confermano.
I presupposti per prevenire il femminicidio di Martina Carbonaro erano evidenti, i comportamenti di Tucci prevedibili e diffusi. Secondo i racconti di amici e familiari raccolti dalla cronaca, la rottura tra Carbonaro e Tucci è avvenuta dopo uno schiaffo di lui, che ha spinto la ragazza a non continuare quel rapporto sentimentale. Si tratta già di un episodio di violenza fisica, seguito da atteggiamenti ossessivi e persecutori nei confronti della giovane, accompagnati da pubblicazioni a tema sui social. L’Intimate partner femicide, cioè il fenomeno del femminicidio per mano di un partner intimo, era già in atto. Sì tratta di una declinazione più precisa dell’IPV, intimate partner violence, definito come “qualunque episodio di comportamento controllante, coercitivo, minaccioso, di violenza o abuso tra le persone dai 16 anni in su che sono, o sono stati, partner intimi, indipendentemente dal genere o dall’inclinazione sessuale. L’abuso può essere psicologico, fisico, sessuale, finanziario ed emotivo. È considerato uno dei fattori primari dell’avvento di un femminicidio da parte di un giovane. In Italia, circa sette milioni di donne e persone socializzate come tali, hanno subito una qualche forma di violenza nel corso della propria vita: il 20,2% ha subito violenza fisica, il 21% violenza sessuale e il 5,4% stupri o tentati stupri. Le vittime presentano strascichi e disturbi da stress post traumatico. Oltre ad un fattore di rischio per il femminicidio, IPV e IPF sono considerati un problema di salute pubblica rilevante. Le donne e le persone afab avrebbero bisogno di investimenti capillari sull’educazione degli uomini al consenso, alla ridefinizione dei ruoli di genere, al riconoscimento della loro autodeterminazione. Tutt3 avrebbero bisogno di tutela maggiore per non rischiare di morire.
Il patriarcato e la mancanza di educazione affettiva sono ridotti dalla politica nazionale ad una chimera. Recenti dichiarazioni di alcuni personaggi politici e intellettuali – tutti uomini bianchi eterosessuali – relative alla scomparsa del patriarcato e ad una presunta mancanza di sensibilità verso le donne da parte di persone non italiane mostrano una volontà di contrastare la perdita del privilegio maschile e della messa in discussione del potere maschile e delle pratiche patriarcali più attuali. Michael Kimmel, nel suo testo Angry White Men: American Masculinity at the End of an Era, introduce il concetto di aggrivied entitlement, una risposta estremamente rabbiosa ad un fantomatico sopruso da parte di donne, persone LGBTQIA+ e minoranze, che sembrano voler minacciare i loro diritti. È una mera percezione di una minaccia al proprio status sociale, che è identificato come un diritto naturale, impossibile da scardinare. Fin da ragazzi, gli uomini sono portati dalle loro credenze ad esercitare potere. Chi lo mette in discussione, spesso l3 loro stess3 compagn3, va elimanatə.
Ad ogni femminicidio, si autoelimina anche la vana promessa dell’introduzione di programmi di educazione emotiva per le persone più giovani. Addirittura l’educazione sessuale viene demonizzata dalla politica nazionale, si spinge la popolazione più giovane, in particolare quella maschile, ad aderire ancora di più a quegli stereotipi di genere che danneggiano la società tutta, attraverso politiche di militarizzazione, discussioni retoriche sulla reintroduzione della leva obbligatoria, supremazia bianca, genitorialità standard. Il progresso sembra essere un nemico da combattere, il regresso il migliore dei mondi possibili.
Alla luce delle statistiche più recenti relative all’aumento dei femminicidi in Italia, l’assenza di politiche per il contrasto alla violenza di genere non possono che essere considerate un programma politico ben definito, che considera donne e persone identificate come tali sacrificabili per il mantenimento di privilegi già esistenti di una parte della società. Il mantenimento dello status quo, richiede un sacrificio. Il femminicidio è un effetto collaterale accettabile, anche tra giovani adolescenti, il futuro di un paese, le nuove generazioni. Con meno donne possibili. Nel 2025, ancora in Italia, dall’adolescenza in poi, una donna rischia la vita per aver lasciato la sua prima cotta giovanile.