Giurisprudenza: come organizzare (male) un appello

Giurisprudenza: come organizzare (male) un appello

9 Aprile 2019

Sono trascorsi due anni da quando gli studenti di Giurisprudenza, riunitisi in aula 1 per un’assemblea di facoltà, manifestarono la volontà di usufruire di un appello ordinario nel mese di aprile. Nello stesso anno il Consiglio didattico cercò di venire incontro agli studenti organizzando un appello straordinario, e quindi riservato solo ai fuoricorso, e a discrezione dei docenti che potevano liberamente scegliere se far o meno sostenere la prova di verifica relativa all’insegnamento di loro gestione. L’anno successivo, nel 2018, il Consiglio didattico riconfermò l’appello, nello stesso mese, ancora straordinario, allargando il vaglio d’utenza: non più solo per i fuoricorso, ma anche per gli studenti in corso. Quest’anno, infine, il Consiglio didattico ha deciso per l’anno accademico 2018/2019 di ufficializzare l’appello, rendendolo ordinario, e pertanto non più a discrezione dei docenti, e non più riservato ai fuoricorso. Dopo due anni, finalmente il corpo docente sembrava aver compreso l’esigenza degli studenti ma, trattandosi del corso di laurea più disorganizzato dell’ateneo salernitano, il prematuro entusiasmo della classe studentesca è stato presto sostituito da un numero spropositato di errori e disattenzioni del corso di laurea che hanno dato vita al peggior appello mai organizzato in questa facoltà.

La finestra temporale del nuovo appello, resa nota ad inizio anno accademico, è stata inizialmente collocata tra i giorni 15 e 30 aprile, e cioè in pieno periodo di feste pasquali. Una situazione, questa, di cui tutti erano a conoscenza: studenti, docenti, rappresentanti e che sembrava non essere affatto un problema per il regolare svolgimento della sessione. Eppure, durante la prima settimana di marzo, i rappresentanti hanno reso noto che, ad un mese dall’inizio dell’appello, la finestra temporale sarebbe stata anticipata ai giorni 8-19 aprile. La notizia non è stata benaccolta dagli studenti che, come spesso accade, hanno iniziato a chiedere maggiori delucidazioni sui consueti gruppi di facebook. In un solo giorno tutti i problemi del corso di laurea, che sembravano per un attimo essere stati superati, sono subito ritornati a galla: post cancellati sui gruppi, discussioni tra rappresentanti e studenti, e silenzio da parte degli uffici. Dopo alcuni momenti di tensione, i rappresentanti, su suggerimento degli studenti, hanno chiesto, con esito positivo, di ripristinare la precedente finestra temporale. Tutto risolto quindi? Non proprio.

La ragione per la quale il Consiglio didattico era giunto alla conclusione di dover anticipare la sessione è che tra il 15 e il 30 aprile sono pochi i giorni in cui è possibile sostenere un esame: il 22, 23, 25 l’università sarà chiusa mentre nei giorni 24 e 26 alcuni potrebbero avere delle difficoltà a raggiungere il campus. Soprattutto chi, essendo fuorisede, ritorna a casa per le festività pasquali. Le motivazioni alla base dell’azione, pertanto, erano più che ragionevoli. Ma l’errore è stato voler anticipare la sessione (violazione del regolamento) e valutarne la difficoltà di esecuzione solo ad un mese prima del suo inizio. I rappresentanti sono stati tenuti, perché sollecitati dagli studenti, a chiedere il ripristino della precedente finestra temporale ben consapevoli (tutti) che avrebbero avuto meno giorni a disposizione per garantire la sessione (il ragionamento fatto da molti è stato quello della qualità a discapito della quantità: anticipare la sessione significava avere meno giorni per ripetere ma più possibilità di sostenere più di un esame perché sarebbero aumentati i giorni in cui questi sarebbero stati spalmati. Riconfermare la precedente finestra temporale, invece, significava avere più tempo per prepararsi ma riuscire, probabilmente, a sostenere un solo esame). E non è tutto: le date, come sempre, sono state pubblicate in ritardo, a meno di un mese dall’inizio della sessione. Per cercare di affievolire il problema, alcuni studenti hanno scritto ai docenti con i quali avrebbero tenuto l’esame per conoscere la data degli appelli. “Prima di Pasqua” e “Non credo di fissare alcuna data per aprile” sono le risposte che alcuni hanno ricevuto. In quest’ultimo caso, quando la studentessa ha fatto notare alla docente che si trattava di un appello ordinario (dove tutti i docenti sono tenuti a garantire una data), le è stato risposto “Se appello ordinario, allora attenda la pubblicazione degli orari” non comprendendo dunque, in alcun modo, che l’esigenza di inviare la suddetta email informativa nasceva dalla difficoltà degli organi preposti a garantire una pubblicazione tempestiva delle date.

Dulcis in fundo: solo qualche giorno fa il Rettore ha disposto l’occupazione di tutte le aule degli edifici di Giurisprudenza nei giorni 15 e 16 aprile, ossia nei primi due giorni (considerati anche quelli più corposi) della sessione. Gli studenti si sono ritrovati con una finestra temporale che in teoria si sarebbe dovuta comporre di due settimane ma che in pratica si concentrerà in 4 giorni (17,18,19, 29) con un solo esame previsto per il 24 e due soli per il 30. Gli esami previsti per il 15 e il 16 saranno spostati. O nei già menzionati giorni o tra il 2 e il 3 Maggio. Nessuno ha battuto ciglio. Beh, certo. Non si può sfidare il Rettore. Non si può certo fargli notare che il dipartimento in quei due giorni ha organizzato una sessione. Non si può certo anteporre gli interessi degli studenti!

In questa circostanza sono, tra l’altro, ritornate in auge le censure di cui ormai può andare famoso il gruppo facebook Unisa – facoltà di giurisprudenza. Il quale, mentre anni fa bannò rappresentanti e membri di altre associazioni, questa volta ha cancellato i post di protesta degli studenti. La rappresentanza, a difesa di tale azione, ha dichiarato di averlo fatto a causa della presenza di un linguaggio offensivo. Asinu è riuscito ad intercettare qualche post ormai eliminato che, però, non sembra contenere alcuna offesa specifica a qualche rappresentante. Ha però avuto anche modo di leggere un commento che di certo non è il massimo del rispetto. Scrivere, tra questi, ad una studentessa “spero che tu non sia rappresentante” non è di certo il modo più adeguato per fare presente le proprie difficoltà relative a questa sessione. Come studente e persone che si stanno professionalmente formando abbiamo anche il dovere di non utilizzare i social in modo inappropriato, come se fossero dei mezzi di sfogo.

Quando l’appello di aprile fu ufficializzato, l’anno scorso, in facoltà furono affissi dei manifesti con su scritto “vittoria”. Oggi, però, sarebbe più appropriato parlare di sconfitta, perché l’istituzione di un appello nel mese di aprile sarebbe dovuto essere un modo per aiutare gli studenti. Ma se la sessione si riduce a qualche giorno concesso qua e là, con sovrapposizioni, rinvii e date comunicate tardi, allora forse quest’intenzione di aiutare gli studenti non è molto forte. E se un contesto di questo tipo si trasforma nuovamente in discussioni accese sui gruppi, in una censura generale di qualsiasi post non a favore della rappresentanza studentesca, di risposte inappropriate da parte dei docenti, allora si conferma ancora una volta la necessità di un cambiamento davvero profondo di questa facoltà. Che parta, magari, dalla capacità di confrontarsi tra i diversi soggetti accademici. Perché, a quanto pare, aumentare il numero degli appelli non serve a molto se contemporaneamente vengono meno molti altri aspetti importanti.